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Himachal Pradesh - III

Diario di viaggio nel montuoso e mistico stato indiano

 

...segue 

 

7° giorno

Solita colazione in hotel, poi si ritorna verso il fondovalle per andare in direzione cinese. Una frana ci ferma dopo poco, ma dopo aver spostato a mano alcune grosse pietre si riesce a proseguire fino a Khanum, un villaggio ad oltre 3500 m pieno di templi e monasteri. La popolazione è particolarmente felice di incontrare gente, si dannano tutti per cercare il lama locale che possiede le chiavi di un monastero che dobbiamo assolutamente vedere. Dopo aver atteso che finisse comodamente di pranzare, ci porta in questo luogo che conserva una antichissima biblioteca contenente libri portati dal Tibet e salvati così da una possibile distruzione. Non contenti di averci aperto anche questo luogo, alcune bambine monache ci portano non si sa bene dove, impariamo poi che è la casa delle monache, da dove passando nel mezzo c’è una scala che porta all’uscita sul tetto per riprendere il sentiero che sale al parcheggio dove ci aspettano le jeep. Va segnalato che qui i villaggi raramente sono raggiungibili fino al centro in jeep, occorre sempre andare a piedi, cosa che permette di entrare in sintonia con i luoghi in maniera ben più forte di quanto si potrebbe fare mettendo solo un piede giù da una macchina. Che poi i vari dislivelli (che a volte son muri) a oltre 3500 m non siano una scherzo è altra cosa. Scendiamo a Spillo dove pranziamo al volo mentre ci vengono controllati gli Inner Line Permit. Fa un caldo da paura qui in montagna, per fortuna al posto di controllo c’è una fontanella dove è possibile lavarsi e rinfrescarsi. Nessun problema coi permessi, si continua seguendo una strada a strapiombo sul fiume, a volte occorre aggirare qualche frana, ma il percorso diventa veramente bello e caratteristico, gli autisti non hanno problemi a fermarsi più volte per lasciarci far foto così in un attimo arriviamo alla confluenza tra i fiumi Sutlye e Spiti. Iniziamo a seguire quest’ultimo salendo per Nako che si vede solo all’ultimo momento dopo averla scambiata a lungo per un altro villaggio visibile da lontano. Nako pare piena di gente, troviamo posto presso una guest house con vista sui campi di piselli che qui fanno la ricchezza locale. Nel giro di breve, la piazzetta sottostante diventa l’incrocio di questo piccolo mondo, chiunque porta qui quanto raccolto durante la dura giornata nei campi, ogni sacco viene attentamente pesato poi, nella confusione generale, caricato su di un improbabile camion che porterà i frutti dei campi dove verranno lavorati e resi disponibili ai più. Tutte le persone sono disponibilissime, appena le si avvicinano ti offrono montagne di piselli appena raccolti, e apprezzano essere fotografati. Nako non presenta tanto altro in città verso sera, qualche negozio ma tra le case c’è ben poco, anche se un giro casuale lo merita. È comunque un villaggio a circa 3200 m, aria pura, vista splendida ma quando il sole cala occorre avere almeno una felpa a disposizione. Cena in una grande sala non so bene di chi, sicuramente non della guest house, con qualche chicca in più preparata dal cuoco anche grazie al fatto che qui ci si fermerà 2 notti a fila. Percorsi 150km.

 

Il villaggio di Nako

 

8° giorno

Colazione per una volta dopo le 8, poi visita di Nako, partendo da un nuovo monastero costruito di recente e inaugurato nel 2008 dal Dalai Lama. Bruttino assai, molto meglio un altro alle sue spalle, più intimo e colorato all’inverosimile (ovviamente si entra senza scarpe ma non necessariamente scalzi), anche se una volta all’interno a me sembrano tutti delle carnevalate. Ci sarebbe anche una scuola, non ho però voglia di visitare altri luoghi chiusi ma di godermi la splendida giornata di sole risalendo le montagne per apprezzare la valle al suo meglio. Così rigiro Nako imbattendomi in un gruppo di israeliani che in moto (Royal Enfield, la regina della strade, fra le auto, a parte le Tata orgoglio nazionale, tra le jeep più diffuse sono le Mahindra) stanno girando tutta l’India in circa 4 mesi. Poi salgo al Nako Gompa da cui si ha una vista del villaggio e del suo lago per andare in seguito fino a una forcella che domina il luogo, da cui si potrebbe continuare fino ad un vecchio passo chiuso in direzione Tibet. In 45’ sono ad una specie di mirador contrassegnato al solito da lunghe file di preghiere tibetane coloratissime che il vento porta lontano. Da qui lo spettacolo del posto è tutta un’altra cosa, ci si riappacifica con tutto, altro che nel chiuso di un monastero! Nonostante l’altitudine, l’aver fatto un percorso sempre in leggera ascensione giorno per giorno, senza mai esagerare, permette di muoversi senza nessun problema. Oggi, visto che non ci spostiamo in jeep, si pranza alla grande, il cuoco si è lanciato in una versione indiana di pizza niente male, assieme ai noodles, insomma quanto di più italiano mi possa capitare in tutto il viaggio. Nel pomeriggio decido di salire dalla parte opposta del villaggio passando nel mezzo dei campi di piselli. Non c’è un vero e proprio sentiero, occorre procedere più orizzontandosi col nord e col sud che con altre indicazioni ma, usciti dal groviglio dei campi divisi da alti muretti di pietre, salire ad un deposito di gompa (questa è una mia definizione, ma è un posto dove se ne trovano una decina parcheggiati in box) è un attimo. Da qui si può continuare fino al picco della zona contraddistinto da tre colonne di pietre. La vista è sublime ma il sole brucia, senza protezione è come mettere la faccia nel forno. Me ne rimango in laica meditazione a godermi lo spettacolo che ammiro ai miei piedi, prima di riprendere la via del ritorno, perdendomi a caso nei sentieri dei contadini, mai restii a indicarmi la via migliore. La piazzetta all’entrata di Nako è anche oggi, verso sera, un crogiolo di genti che portano sacchi stracolmi di piselli, ma c’è anche un gran via vai di ragazze, forse al di là di questa piazzetta c’è ben poco dove andare. L’arrivo del bus è una grande festa, fra gente che scende e gente che sale pare cambiare tutto il luogo, ovviamente quando all’interno del bus non c’è più posto rimane sempre il tetto, anche se affrontare un viaggio all’imbrunire sul tetto a queste quote non è un gioco piacevole. Pranzo di nuovo nella grande sala vicino alla guest house, al suo fianco un negozietto dove recuperare acqua. Si ritorna al classico riso con dal o ceci, le illusioni suscitate dal mezzodì devono già venir riposte. A Nako questa sera non c’è illuminazione elettrica così ammirare le stelle diventa un piacere, ed anche l’unica cosa che si riesca a fare.

 

Il Gompa di Nako

 

9° giorno

Colazione solita e dopo aver caricato tutto l’armamentario si parte per Tabo. Però dopo nemmeno 5 minuti ci si ferma perché una frana ha bloccato la strada in corrispondenza di un attraversamento di un fiume. Per muovere la frana occorre la forza di mille braccia (e quelle si troverebbero) ma l’acqua che continua a scendere porta con sé detriti, quando non grosse pietre, e così si lascia il compito a chi è più pratico. Ci vuole almeno un’ora per liberare alla meglio la strada e per passare occorre tagliare per un guado non propriamente invitante, ma pian piano tutti i mezzi riescono a defluire. Unica consolazione è una vista splendida dal posto in cui si era fermi e un sacco di gente colorata e molto bella da immortalare in foto (loro fanno altrettanto coi cellulari …). A Sumdo, 3500 m ma un caldo incredibile, c’è il controllo dei permessi: siamo a pochi centimetri dal confine cinese, e se solo ci si aggira nei paraggi si viene fermati da qualche soldato preoccupato che si scattino foto. In realtà la parte cinese non è a fianco di quella indiana, ma posta 200 metri in alto e quindi non la si vede. Ora siamo nello Spiti, il celebre regno di mezzo, un deserto in altura che confermerà la sua fama di luogo incantato e fuori dal tempo. Prima tappa è una deviazione di circa 10 km per arrivare a Gue dove fu ritrovata una mummia di un lama. Ora nel posto è stato costruito un piccolo tempietto a protezione del ritrovamento, mentre nei dintorni stanno facendo lavori di consolidamento del terreno. Non serve dire che il luogo sia venerato dai locali, anche se qui di gente ne arriva ben poca. Lungo la strada sosta per pranzo volante a Hurling, dove tra sciami di mosche si trovano alcuni negozi con cibi locali e bibite fresche. Arriviamo a Tabo con un caldo spaventoso, si dorme presso la guest house del nuovo monastero, anche se qui si possono trovare anche sistemazioni in hotel (senza stelle, ma sempre hotel). Tabo è famosa per il suo storico monastero, e qui venne nel 2008 il Dalai Lama a inaugurarne uno nuovo, quindi il grande spiazzo asfaltato a fianco del fiume che funge da eliporto fu costruito proprio per quell’arrivo. Ovviamente la visita al monastero è la prima cosa che si fa, il gompa racchiude molteplici sale, ognuna adornata in maniera differente, ma tutte sempre a rappresentare miti e leggende tibetane, con incursioni di figure del mondo hindu. Ma la vista migliore del complesso la si può avere salendo alle grotte che si trovano nella montagna a fianco, alcune ancora predisposte al ritorno dei monaci. La cosa più interessante è andarci prendendo gli stretti camminamenti a fianco del monastero, pieni di cilindri per le preghiere, passando a fianco di tanti piccoli bar fioriti, assieme all’arrivo di tanti visitatori. Qui si può riprovare a far un po’ di vita sociale nei bar del paese, ci sono posti per telefonare ma l’unico internet point non era funzionante. Si trovano anche negozietti o persone che vendono prodotti di artigianato locale, ma visti i prezzi è molto meglio comprare souvenir o regali una volta arrivati a Manali. Cena in una sala messaci a disposizione dal monastero, poi nel buio totale accurata visione delle stelle. Percorsi 70 km.

 

Preghiere al vento e villaggio di Tabo

 

continua...

 

Himachal Pradesh - I

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Luca

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