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Il Nord Ovest Argentino - VII

Il dettagliato diario di viaggio del nostro Luca

 

...segue 

 

19° giorno 

Col colectivo raggiungiamo Ponte Negro, luogo ultimo dove arrivano i mezzi pubblici per las Lagunas de Yala. Sul chilometraggio da farsi a piedi in molti son stati vaghi, indicativamente sono sui 6 km, tutti rigorosamente in costante salita, ma si è sui 2000 m massimo, quindi non preoccupatevi dell’altura. La prima laguna, Desaguadero, è privata quindi non c’è accesso. Dopo 5’ si raggiunge la più grande, la Rodeo. Ci sarebbe anche un luogo di ristoro, ma al momento della nostra escursione era chiuso. Da qui si potrebbe intraprendere un trekking che oltrepassa la zona, ma comporta l’ascesa a una montagna di 3700 m ed in seguito a una di 5300 m. Decidiamo di continuare verso la terza laguna, Comedora. Prima di arrivare, si apre sulla sinistra un ottimo luogo di visione sia su questa che sulla prima. Da qui, con un percorso di 18 km si potrebbe raggiungere il posto termale di Reyas, ma propendiamo per evitare il percorso a piedi e poi non si trova nessuno che continui con un auto o furgone. Cominciamo così la discesa e una coppia argentina ci fa accomodare sul cassone della camioneta. Risparmiamo vari km, anche perché a metà pomeriggio i bus non arrivano fino a Ponte Negro ma si fermano qualche km prima al ponte sul fiume, dove al nostro arrivo c’è molta gente che fa pic-nic, pesca o tenta di acclimatarsi con un’acqua decisamente fredda. Dalla RN9 col colectivo raggiungiamo Reyas e poi arriviamo a las Termas de Reyas. In realtà la strada è poca, ma il bus è di quelli che arrancano faticosamente e si ferma ogni volta che qualcuno si affaccia sulla strada. Per l’ingresso alla piscina delle terme si pagano 5p, c’è un luogo per cambiarsi e lavarsi e anche un bar che però serve solo da bere. L’acqua della piscina supera i 40°, nuotare è praticamente impossibile, ma dopo le fatiche della mattina è per noi un toccasana ottimo. Il centro termale vero e proprio si trova poco sopra la piscina, all’interno di un hotel, ma l’accesso è riservato solo agli ospiti dell’hotel. Col colectivo rientriamo a Jujuy dove ceniamo con una Napolitana, una cottoletta alla milanese con sopra formaggio, prosciutto cotto e 2 uova. Se ci mettete che di cottolette nel piatto ne trovo 4, immaginate quanto mi ci vuole a digerire il mattone. Poi rientriamo in ostello dove c’è sempre un gran viavai di gente e tirar tardi è facilissimo.

 

Parque Nacional Los Cardones

 

20° giorno

Destinazione Parco Nazionale Calilegua, destinazione poco considerata visto che abbiamo atteso due giorni ma a noi non si è aggiunto nessuno così il tour ci costicchia. La guida è un giovane di Jujuy che conosce vita morte e miracoli della zona, ci riempe di dettagli su tutto, e quando gli iniziamo a chiedere della situazione politica si infervora e non smette più di parlare. Prima del parco passiamo da Lib. Gral. San Martin (in Argentina, fuori dalle grandi città molti paesi si chiamano coi nomi degli eroi della liberazione) facendo un giro per barrio Ledesma. Il nome è quello della famiglia proprietaria dello zuccherificio più grande della zona che ha dato vita a una città autonoma nella città. I titolari vivono in una magione sontuosa chiamata La Rosita, dal nome della sede del presidente argentino. Davanti non ci si può fermare e tantomeno la si può fotografare, c’è la vigilanza che controlla sempre. Ora producono altre cose, fra cui cellulosa (con gli scarti della canna da zucchero), frutta e formaggi e sono una vera e propria potenza della zona. Ovviamente approffitarono alla grande del periodo della dittatura, in cambio di servigi al regime (sottoforma di utilizzo dei suoi numerosi furgoni per trasportare i nemici in luoghi di detenzione) ottennero in cambio concessioni terriere che permisero di espandere la coltivazione di canna da zucchero e di differenziare le loro produzioni. Ci fermiamo per comprarci qualcosa da mangiare (paga la guida, è compreso nel tour) e notiamo che scendendo ai 500 m di qui la temperatura si fa tropicale, caldo, caldo ed ancora caldo e una grande umidità. Siamo in linea d’aria a meno di 200 km da Tolar Grande ma pare di essere dall’altro capo del mondo. Entriamo al parco e facciamo qualche escursione all’interno della sua fitta boscaglia, procuratevi dosi industriali di repellente che comunque potrà prevenire qualcosa ma non tutti gli insetti che incontrerete. Un sentiero che conduce prima a una nascosta laguna poi al fiume vi porterà a avvistare numerose impronte di animali. All’ingresso del parco vi daranno tra i vari opuscoli anche quello per decifrare queste impronte. Di animali va detto che il parco ne sarebbe pieno, ma noi non scorgiamo praticamente nulla, in effetti viene specificato che la fauna è prevalentemente notturna. Dal primo punto di accesso, percorriamo poi un lungo giro in auto per arrivare a quota 1100 m, dove si riesce a vivere rispetto alla situazione insetti. Da qui le viste si fanno più interessanti, con montagne totalmente coperte di ogni tipo di vegetazione, vegetazione che accomuna questa striscia di terra con tutto il Sud America. Questa situazione si ripropone identica dal Venezuela a qui, ovviamente le nuvole fanno un tutt’uno con le cime del parco e l’umidità è scontata. Visitamo nei paraggi una casa del mango, luogo dove una famiglia si è specializzata nella lavorazione di tale frutto, ottenendone prodotti di tutti i tipi, poi riusciamo a vedere un albero del pane, di cui molto ho sentito parlare ma non ne avevo mai incontrato uno prima. Alcuni frutti sembrano grandi come cocomeri, ma devono essere di peso limitato visto che pendono tranquilli dai rami dell’albero. Ci viene garantito che il sapore del frutto ricorda l’ananas. Rientriamo seguendo un percorso che ci porta a una terrazza panoramica su Jujuy, poi raggiungiamo il solito ostello dove per la serata è previsto un nuovo asado. Nel piatto c’è talmente tanta carne che non riusciamo a terminarla tutta. Per quanto riguarda il bere basta dire di portare qualcosa che i ragazzi eseguono. La compagnia è fantastica ed ovviamente si finisce per andare a dormire a orari non propriamente in sintonia con quelli programmati per la mattina successiva. Vista la presenza, oltre alla nostra, di un veterinario spagnolo, anzi navarro, le solite numerossime ragazze di qui ci chiedono info sulle attuali situazioni europee in generale, ma è quasi triste accorgersi che loro spesso ne sanno più di noi.

 

Vicuñas nella puna

 

21° giorno

Siamo a Jujuy da tre giorni ma non l’abbiamo mai vista. Così iniziamo ad esplorare il centro cittadino che sulle prime non sembra gran cosa. In piazza visitiamo il Museo della Polizia coi manichini dei poliziotti che fanno veramente ridere. Fa impressione notare le foto dei vari capi della polizia che si sono succeduti, provate a verificare quelli dal ‘76 all’83 per curiosità…. A fianco c’è la Catedral e mentre siamo lì, incontriamo un gruppo cileno e uno argentino che provano un gemellaggio (i rapporti tra le 2 popolazioni sono ancora molto freddi), poi raggiungiamo la Casa del Gobernator. È accessibile la Sala de las Banderas, dove una custode vi ragguaglierà sulla storia argentina e su come si è arrivati alla prima bandiera e di conseguenza a quella attuale e a quelle delle varie provincie. Quando ci parla della prima bandiera ufficiale argentina, le rammentiamo che anni prima a Sucre (Bolivia) ci avevano parlato della stessa bandiera a colori invertiti e là conversata. In effetti ci giustifica la cosa con un dettato del Gral. Belgrano in merito alle disposizione non definitiva dei colori ed alla doppia presenza di una “fantomatica” prima bandiera per salvarsi la sua spiegazione. Il balcone che dà sulla piazza ha fatto la storia, essendo quello da cui Evita Peron pronunciò uno dei suoi più famosi e caldi discorsi, quello del detto “Tornerò e sarò milioni”. Ci imbattiamo anche nei preparativi della festa del sindacato CTA, dedicata a Che Guevara e a Tupac Amaru, coi colori biancoceleste argentini ovunque. Da lì oltrepassando uno dei vari ponti si raggiunge il Mercado del Sur. Si tratta di infinite bancarelle o negozietti nella zona prospicente l’orribile Terminal de Omnibus. Ci trovate di tutto, dai cappelli da gauchos alla Guemes agli strumenti musicali, dall’abbigliamento intimo alla maglia di Manu Ginobili (e qui dire che si è di Bologna dove Ginobili vinse tutto è un vantaggio!) coi colori della nazionale argentina. La visita merita, poi essendo per me l’ultima vera visita ne approfitto per fare un po’ di compere. Rientrati in ostello a prendere gli zaini iniziamo un lungo e triste giro di saluti. Nel pomeriggio un bus ci porta verso un distributore di benzina nei dintorni di Gral. Guemes da dove un altro bus mi porterà a Mendoza. Marco scende invece a Tucuman, per lui l’avventura continua in direzione nord-est, Chaco-Formosa-Corrientes-Misiones poi Brasile.

 

continua...

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Il Nord Ovest Argentino - II

Il Nord Ovest Argentino - III

Il Nord Ovest Argentino - IV

Il Nord Ovest Argentino - V

Il Nord Ovest Argentino - VI

 

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Luca

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