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Namibiade - VI

Diario di un lungo e approfondito viaggio in Namibia

 

segue... 

 

21° giorno

Colazione abbondante presso la guest house, sotto le prime tenui gocce di pioggia (dopo pochi minuti saranno già un lontano ricordo) partiamo sempre lungo la C45 che in alcuni parti è chiusa per lavori, ma questa volta il percorso alternativo corre in buono stato a fianco della via. La C45 non svolta mai, un nastro d’asfalto che taglia longitudinalmente il nord della Namibia a ridosso del confine con l’Angola, qualche villaggio, vari animali che attraversano la via, mucche, capre e asini (questi i più fuori controllo e quindi da oltrepassare a velocità limitata) quando non elefanti, sovente le indicazioni parlano di residence che sono i piccoli villaggi recintati delle comunità locali, con nei paraggi sempre una scuola e un pronto soccorso. La C45 prima di Sambuso prende la denominazione di B10 (in alcuni casi), ma è sempre la stessa strada e non occorre cambiare via. La nostra meta di giornata è Rundu che sorge alla confluenza della C45/B10 con la B8 che arriva da Windhoek, la città più prossima al confine e luogo di interscambio, in realtà sono gli angolani a passare per recuperare quanto più possibile nei market della cittadina, e primo punto di osservazione sul fiume Okavango, fonte di vita per le zone attraversate e richiamo turistico data la presenza molteplice di animali delle più svariate specie. Ci fermiamo al Ngandu Hotel & Casino (piazzole con acqua, energia elettrica, illuminazione, piscina e wi-fi), uno dei tanti lodge sulle alture dell’Okavango, non organizza escursioni sul fiume ma ci mette in contatto con una guida per un’escursione prima del tramonto. Visitiamo il grande mercato coperto dove la maggior parte delle bancarelle tratta cibo e abiti, pochi i manufatti di legno, anche perché qui di turisti c’è poca traccia, molti avventori sono Angolani alla ricerca di tutto quanto dall’altra parte del confine non si trova. Scendiamo alle spiagge lungo il fiume, specie di stabilimenti balneari con musica al massimo volume e tanta birra, piene della gioventù locale in festa che è un contrasto fortissimo con gli abitanti dell’altra parte del fiume che vengono qui a prendere acqua, lavarsi e pescare, una sussistenza tirata insomma, con due tipologie di Africa a confronto completamente distinte. Tutto il lungofiume è attraversato da sentieri che portano al passaggio di frontiera con numerosi taxi che fanno da staffetta tra qui e i mercati cittadini. Noi procediamo ancora oltre nel mezzo della boscaglia che corre parallela al fiume fino al Sarasunga River Lodge dove ci incontriamo con la guida che ci scorrazzerà lungo l’Okavango. L’uscita in barca dura 1 ora, comprensivi di un buffet che vale una cena completa, purtroppo l’animale principe del posto non viene avvistato, niente tracce dell’ippopotamo, ci dicono perché il fiume è particolarmente mosso e gli hippo non amano questa situazione spostandosi verso altre zone. Così passiamo il tempo ad osservare la vita fluviale degli angolani, le corse verso un posto sul traghetto, l’esercito namibiano che pattuglia a piedi tutto l’argine per evitare infiltrazioni, la conferma di un confine difficile. Anche il nostro approdo all’imbarcadero del lodge è ovviamente controllato ma al seguito della guida nessuno ci chiede nulla. Rientriamo al campeggio e per una sera possiamo evitare di cucinare, giusto il tempo per un caffè e per sfruttare il wi-fi a disposizione nella zona vicina al ristorante ed alla piscina. Il lodge, come sovente accade da queste parti, è gestito da tedeschi. Percorsi 413 km quasi tutti su asfalto in buone condizioni ma occorre prestare particolare attenzione agli animali vaganti.  

 

Tramonto sull'Okavango River, Bwabwata National Park, Caprivi Strip

 

22° giorno

Colazione al campo, sosta in città per un ATM dove incontriamo lunghissime file, supermercato per scorte e carne in vista di un prossimo braai, rifornimento con solito pagamento in contanti poi lasciamo Rundu per andare a est percorrendo la B8 asfaltata ma coi soliti problemi di animali vaganti fino all’ingresso nel Caprivi, indicativamente a Divundu. Il Caprivi è quella stretta e lunga striscia di terra che si incunea ad est fin quasi alle cascate Vittoria, terra a lungo dibattuta, riappacificata solo alla fine del 2004, quindi ancora in sviluppo, con poche strutture, animali che stanno tornado nel loro habitat naturale dopo che molti anni son stati cacciati dai bracconieri o mangiati in tempi di restrizione durante la guerra, luogo di cui molto si parla ma poco si conosce. Un altro possibile inconveniente che ci è stato segnalato è climatico, pare che qui piova quasi tutti i giorni, non sempre ma con costanza e questo può essere un viatico per possibili malattie (malaria in primis) o infezioni. Sarà, ma noi troviamo solo sole, cieli tersi e splendenti, un grande caldo con tracce più intense di umidità, ma nemmeno una misera goccia di pioggia. Da Divundu deviamo a sud per la C48 che è anche la via d’ingresso al Botswana, facendo tappa nel meraviglioso Nunda Lodge (posti tenda a bordo fiume per chi non teme coccodrilli ed ippopotami, bagni splendidi, acqua potabile sempre disponibile, wi-fi, palafitte sul fiume con viste tramonto ed animali incantevoli, servizio bar e ristorante di alto livello, piscina, escursioni a piacimento) gestito da un affabile sudafricano che ci accoglie di persona e ci mostra ogni angolo del suo splendido insediamento che si nasconde nella foresta. Nell’attesa di partire per scoprire ippopotami, coccodrilli e rapide, ammazziamo il tempo in piscina poi prendiamo la barca e scendiamo l’Okavanago. Scorgiamo un primo ippopotamo, poi da questa parte del fiume sulle sponde qualche coccodrillo di dimensioni contenute, mai più di 2,5 metri, ce ne sono anche di molto più grandi fino ai 5 metri, ma nonostante la legge ne proibisca la caccia gli abitanti della zona gli uccidono perché sono pericolosi per gli allevamenti di bestiame e per le persone quando sono al fiume. Il caldo è fortissimo, occorre proteggersi perché la barca ha giusto una piccola tettoia, ci forniscono bevande ghiacciate a profusione ma lo spettacolo sarà sotto i nostri occhi risalendo il fiume proprio di fronte al lodge. Già in lontananza scorgiamo i primi ippopotami spalancare le enormi bocche ed emettere ruggiti furiosi, importante identificarne la posizione perché è l’animale più pericoloso, quello che uccide più persone nel corso dell’anno. Sulla terra ferma, anche se la sua mole non lo farebbe sembrare possibile, può correre fino a 40 km l’allora, attacca l’uomo se lo vede tra la sua posizione e l’acqua (la sua via di fuga), il suo ambiente preferito e dove solitamente si muove camminando sul fondo, per questo preferisce ambienti tranquilli lontano dalle rapide. Nell’acqua può attaccare, soprattutto quando è in compagnia dei piccoli, quindi opportuno avvicinarsi con circospezione e farlo con guide preparate. Incontriamo un primo branco al quale ci accostiamo molto lentamente, da vicino impressionano, facile distinguere i giganteschi maschi oltre che dalla mole dai tanti segni sul corpo dettati dagli scontri per difendere l’area e il gruppo. Risalendo verso le Popa Falls incontriamo altri branchi, in questa parte di fiume sono veramente numerosi, il fatto che passino la notte sulla terraferma alla ricerca di erba di cui cibarsi non è tranquillizzante vista la nostra posizione al campeggio, ma la guida fa presente che la presenza umana è sentita da questi animali come una minaccia e scelgono sempre la sponda opposta. Sarà, ma sono contento di dormire nella tenda posta sul tetto del pick-up anche perché i versi che emanano di notte mi sembrano estremamente prossimi. Raggiungiamo le Popa Falls che sono più delle rapide che delle cascate, sbarchiamo in un isolotto di sabbia nel mezzo ma riprendiamo il fiume per tornare al lodge quando ci imbattiamo in un ulteriore branco di ippopotami che sta risalendo sulla terraferma e quindi una nuova sosta s’impone con uccelli di ogni tipo che sfrecciano a pelo d’acqua o se ne stanno ad asciugare le ali. Rientrati ci rimiriamo un tramonto che pare finto dalle palafitte sul fiume, ippopotami nei dintorni, colori intensi all’ennesima potenza, l’ingresso al Caprivi non poteva regalare momenti migliori. Per cena ci approntiamo il più classico dei braai, la carne era stata acquistata a Rundu, la legna di acero per le braci la fornisce il lodge e nemmeno ce la farà pagare, certo ci vuole parecchio tempo perché il fuoco prenda avendo a disposizione solo legna e qualche foglio di carta, finiamo per cenare quando tutto il lodge è già a dormire da parecchio, l’unica compagnia è quella degli ippopotami che forse disturbati emettono versi inquietanti anche per la presunta vicinanza. Percorsi 203 km su strada asfaltata e animali vaganti a iosa.        

 

 Elefante sul Mahango River, Caprivi Strip

 

23° giorno

Oggi ce la prendiamo comoda visto che faremo tappa sempre nello stesso campeggio per l’escursione pomeridiana nei paraggi. Quindi colazione e relax sulle palafitte dove scorgere tra un libro e due chiacchiere con altri viandanti gli ormai immancabili ippopotami, un passaggio in piscina per non sentire il caldo inteso e nel pomeriggio partiamo per scoprire la parte ovest del Bwabwata National Park, nella zona della Mahango Game Reserve lungo la C48. Solo per chi visita il parco si pagano 40$ + 10$ per auto, chi transita e basta verso il Botswana non deve pagare, vi sono due escursioni una a est e una a ovest, optiamo in prima battuta per quella verso il fiume lungo un anello di facile percorrenza. L’escursione nel Caprivi è del tutto diversa da quella dell’Etosha, intanto non s’incontra quasi mai nessuno, poi par di non vedere mai nulla ma all’improvviso branchi di animali di svariate specie (ma non i grandi felini) sono a fianco del sentiero e ci scrutano dubbiosi quasi fossero loro allo zoo e non noi. La caratteristica del luogo sono le tante tipologie di antilopi, i lichi rossi sono i primi a comparire, ma poi kudu, alcefali, impala, springboks, antilopi alcine spuntano ovunque, a seguire aquile e giraffe, ma c’è pure un enorme ippopotamo sulla terra ferma, anzi di passaggio sulla nostra via, ci guarda a lungo ma forse la dimensione del mezzo lo spinge in altra direzione. La presenza degli elefanti qui diventa invece pericolosa, perfino troppo vicini, in alcuni casi all’uscita di curve ce li troviamo di fronte, le dimensioni sono tali che pure il pick-up è robetta per loro. Il punto centrale di questo anello è un gigantesco baobab, poi rientriamo sulla via principale, facciamo una piccola deviazione giusto per scorgere il confine, risaliamo e fortunatamente per l’escursione nella parte di Thingwerengwere vi è ora un passaggio non agevole ma nemmeno terribile come quello di Thinderevu via Rukange. Alla pozza scorgiamo un bufalo africano coperto di uccelli che lo liberano dai parassiti ed un elefante intento a bere. Nel mezzo del nulla con nessuno nei paraggi ed a distanza ravvicinata i “rumori” prodotti dall’elefante sono intensi, l’aspirazione dell’acqua ma soprattutto lo sparo di questa in bocca nella pancia rimbomba talmente forte che pare uno sparo vero e proprio. Quando decide di aver bevuto a sufficienza, prende la strada della foresta passandoci così vicino che posso immortalare giusto una punta delle zanne, ma è tranquillo, ci osserva e se ne va. Rientriamo sul sentiero in pessime condizioni ma percorribile tranquillamente con un mezzo a due ruote motrici col pianale alto e ci imbattiamo in altri elefanti ma soprattutto in un branco di strane e grandi antilopi dal muso a strisce, anche queste ci osservano a lungo poi scappano. Mostrando le foto al lodge mi indicano il nome inglese di antilope della sabbia, che non ho più ritrovato (potrebbero essere antilopi nere nella dizione in italiano), ma al di là del nome si tratta di un’antilope molto bella con gigantesche corna incurvate. Poco dopo un grande branco di bufali africani attraversa il sentiero, anche questi tranquilli nonostante masse imponenti. Le due escursioni sono brevi, ma tra percorsi accidentati e numerosi avvistamenti dobbiamo correre per uscire prima delle 18, altrimenti i cancelli verrebbero chiusi e non potremmo raggiungere il campeggio, arriviamo quando sono già alle prese con le chiusure varie e ci va bene che essendo registrati sapevano del nostro rientro e ci dicono che ci avrebbero aspettato… Tramonto ancora sul fiume dalle palafitte, cielo che prende fuoco e ippopotami canterini, lasciamo lo spettacolo per prepararci la cena, ritornando al classico. Percorsi 84 km, quasi tutti all’interno del parco, ovviamente non si può sperare che siano su dolce asfalto, non si è qui per le comodità.       

 

Antilope nera, Mahango National Park, Caprivi Strip

 

24° giorno

Colazione al campo poi prendiamo la strada ad est, la solita B8 dopo aver fatto rifornimento a Divundu (solo contante). Il grande ponte che oltrepassa l’Okavango funge da check point veterinario ma i controlli veri e proprio sono per chi va in senso contrario al nostro. La Caprivi Strip è un unico parco nazionale diviso in più settori, la parte a nord denominata Multiple Use Area, quella a sud Buffalo Core Area, nel mezzo tra animali che attraversano con costante continuità alcuni residence, ovvero i soliti villaggi della popolazione indigena, e a metà la base militare Omega, a lungo posto di sosta delle comitive collettive che attraversavano il Caprivi. Facciamo una deviazione prima del Kwando River verso nord, dove gli avvistamenti dovrebbero essere più semplici, ma occorre il permesso dell’area a sud una volta giunti all’insediamento militare (si va verso il solito confine con l’Angola), così ci ripromettiamo di tentarne l’escursione al ritorno. Attraversiamo la Kwando Core Area, al ponte sul Kwando River nuovo posto di controllo dove iniziano le disinfestazioni per auto e scarpe, controllo alimentare molto limitato. Da qui, oltrepassata la deviazione per Kongola, uno dei pochi paesi segnalati, prendiamo la C49 verso sud e attraversiamo il Mudumo National Park dove gli animali sono ovunque, pure sulla strada, elefanti, zebre, antilopi della sabbia, scimmie, ecc… e si trovano anche varie indicazioni di lodge descritti come molto lussuosi. Ma oggi la nostra destinazione è molto più avventurosa, il Manali National Park, angolo estremo della Namibia sul bordo del Botswana, un parco in larga parte tra paludi e canali visitabile in questo periodo secco da tanto tempo. Indicativamente giunti al villaggio di Sangwali si prende a destra e passato il villaggio di Wuparo la strada diventa un sentiero di difficile interpretazione, ci sono unicamente le indicazioni per il Nkasa Lupala Lodge, chiuso in questo periodo, che sorge su di un’isola nel mezzo delle paludi. Merita comunque una deviazione per una vista di quest’angolo di parco, poi tentiamo di raggiungerne l’ingresso, fondamentale un 4x4 con pianale alto e poca paura di segnare la carrozzeria in lungo e largo, alcuni passaggi su ponti precari sono un segno di fiducia illimitata nella voglia di andare sempre oltre il banale, prima dell’ingresso del parco c’è una deviazione per il Rupara Camp, struttura nel nulla costituita da nulla, una capanna dove vive la famiglia che lo gestisce, 5 piazzole con ottimi servizi igienici ma niente energia elettrica. L’ingresso del parco è vicino ma la strada è pessima, 1 km che percorriamo in 15 minuti, all’ingresso ci registriamo e notiamo che a parte 3 olandesi nessuno ha ancora messo piede nel 2015 da queste parti. Ci consegnano una mappa che serve ben a poco se non a capire dove siano i fiumi che delimitano la zona, lo Xono e il Gasiku, in pratica possiamo girarci in autonomia principalmente l’isola Rupara. Il sentiero nel parco è in condizioni migliori rispetto a quello per arrivarci (peggio non saprei come potrebbe essere…), vaghiamo seguendo minime tracce di chi è già passato di qua, a volte fendiamo una vegetazione più alta dei finestrini, difficile scorgere tanti animali ma la sensazione di selvaggio è al massimo livello. Gli animali più facili da avvistare sono i facoceri, ma qualche mandria di ippopotami si scorge, anche antilopi di vario tipo, uccelli tantissimi, grandi rettili compresi, ma dopo aver vagato in lungo e largo appoggiandoci giusto alla bussola troviamo la via per ritornare all’ingresso quando il parco sta per chiudere, ore 18. Raggiungiamo il camp dove ovviamente siamo soli e prima che il sole tramonti e dopo una fantastica doccia nel cuore della natura ci prepariamo alla cena con la sola illuminazione al seguito poiché nel campeggio non c’è traccia di energia elettrica. Versi di animali a centinaia, col fiume a 5 metri da noi sapendo che ippopotami e coccodrilli sono presenti, saliamo velocemente in tenda che mai come questa sera apprezziamo per il fatto di averla staccata da terra. A parte gli splendidi servizi igienici qui occorre gestirsi in totale autonomia, con un utilizzo intenso di zampironi a scacciare variegate tipologie di insetti. Percorsi 329 km, divisi in due parti, la prima su asfalto perfetto ma con animali da schivare, la seconda in condizioni pessime.

 

continua...

 

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Luca

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