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Zimbabwe, Sudafrica e Botswana - V

Diario di un viaggio nei tre paesi ricchi di parchi naturali

 

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17° giorno

L’unica spinta ad alzarsi è data dalla presumibile vista sull’infinito che si stacca da quassù. E in effetti così è, sotto di noi un mondo verde tra lo spaccato delle montagne da cui ieri siamo saliti. Col sole sempre più alto tutto s’illumina e terminata colazione spendiamo un po’ di tempo davanti a questo spettacolo e nemmeno il burrone non protetto ci allontana. Raggiungiamo anche il viewpoint sulla gola, bello ma meno spettacolare, poi facciamo tappa agli uffici del parco, zona con almeno una decina di costruzioni, qui vivono numerosi inservienti con le famiglie al seguito (questo in teoria, forse nei periodi di punta presumibilmente), e viene da chiedersi a cosa servano visto che nulla viene fatto e nessuno vi accede. Del resto per mantenere il potere così a lungo Mugabe qualcosa alla sua popolazione deve dare, e da qui il moltiplicarsi d’incarichi pubblici tra forze dell’ordine e guardia parchi, anche dove nessuno passerà mai. Le pratiche sono lentissime, solo ricordarsi cosa occorre fare non deve essere operazione quotidiana ma in 20’ riusciamo a pagare camping, parco e macchina, cifra da capogiro per una sosta in totale autonomia. Hanno una mappa fotocopiata pure male, la recuperiamo e proviamo a decifrarla per visitare il parco, dico subito che tra tentare si seguirla e andare a caso poco cambia, zone di foresta impervia si alternano a grandi spianate, di animali poche tracce, molti waterbuck, alcuni impala e poco altro. Prendiamo così la via del ritorno, non facile, al posto di controllo l’inserviente ci fa una gran festa ma non ci chiede nulla, si potrebbe tranquillamente visitare il parco senza pagare mi vien da pensare. Sulla statale proseguiamo verso Binga, la strada rimane sterrata e assai frequentata da tutto tranne che auto, numerose le fermate dell’autobus a dimostrazione che la zona sia altamente popolata. Prendiamo la deviazione per Binga che sorge nei paraggi del Lago Kariba, in città si stanno preparando a far festa per capodanno, c’è un mercato ancora operativo di pomeriggio, alcuni market e pure più di un bottle shop. Ci guardano stralunati e ci chiedono pure cosa ci facciamo da queste parti col caldo intenso, ma tutti estremamente cordiali. Purtroppo il lago non è mai accessibile, sempre nascosto da grandi resort che nonostante siano chiusi perché fuori stagione non permettono nessuna vista. Rientriamo sulla statale per dirigerci ancora più a ovest, è segnalato un camping a Mlibizi e in effetti così è, lo Zambesi resort ha anche piazzole per campeggiatori in un grande complesso utilizzato soprattutto dagli appassionati di pesca, oggi latitanti. I pochi presenti però hanno pescato parecchio, tutto il raccolto è pulito da inservienti nei dintorni della nostra piazzola, un odore d’interiora pestilenziale si spanderà nell’aria lasciandoci nauseati a lungo in tarda serata. Prima però tempo per un po’ di relax e tramonto sul lago, almeno questa volta ho potuto vederlo, cosa mai accaduta in precedenza poiché quasi ovunque gli accessi sono protetti lontano dall’acqua. Alle 22 è già tutto spento, degli avventori visti in precedenza non c’è traccia, feste di passaggio anno dimenticate da chiunque, così un riso ai quattro formaggi con nell’aria pesce puzzolente è quanto ci regala la serata, fortuna che un intenso vento si alza e la nottata ha aria salubre, al termine di un viaggio di 225 km, tolti quelli nel parco in condizioni sopportabili, sia la parte sterrata sia quella asfaltata.           

 

Ippopotami allo Hwange National Park

 

18° giorno

Mentre mi reco ai bagni di prima mattina m’imbatto negli inservienti intenti nella preghiera mattutina, terminata colazione si parte verso il più grande parco della nazione, Hwange N.P. Ci rechiamo subito al Main Camp e preso possesso di un posto nella grande area verde con un addetto destinato a pochissimi avventori, partiamo nell’escursione verso sud, dividendo le giornate per uscire dal lato nord. La mappa fornita non è che sia il massimo, meglio quella della guida, il parco è molto grande, il limite dei 60 km/h su percorsi in discrete condizioni se non si lascia la strada principale deve far riflettere sui tempi di percorrenza perché i cancelli chiudono senza nessuna deroga alle 18. Ci imbattiamo in piccole aree di sosta dove si potrebbe passare pure la notte, sono molto belle perché piccole ma attrezzate, a quella di Ngweshla facciamo tappa per uno spuntino trovando pure vettovaglie pubbliche e un addetto sempre intento a pulire e sistemare che passa 15 giorni qui, in pratica il padrone di casa che vede e provvede. Usciamo dal sentiero principale per attraversare alcuni pan, il problema sorge quando gli acquazzoni arrivano improvvisi trasformando il fondo nel famigerato black cotton, sembra una crosta dura ma invece diviene una specie di sabbie mobili. Tra kudu, waterbuck, elefanti e zebre, oltre a infinite specie di uccelli, di animali se ne scorgono, peccato che manchino i felini, compensa però lo scenario di questa parte di parco, indubbiamente la più suggestiva. Passiamo dai Manga Pan e avvicinandoci al Main Camp abbiamo ancora tempo per un excursus verso il Dom Pan dove incontriamo qualche ippopotamo e rientrando qualche elefante. Se la via principale presenta antichi avanzi di asfalto quelle laterali corrono invece da queste parti nel verde totale e sono male indicate, ma si è vicini al campo principale e perdersi è impossibile. Iniziamo a trarre una conclusione sui parchi e le frequentazioni, chi si avventura è nella quasi totalità dei casi gente bianca e sovente proveniente dal Sudafrica o dall’Europa, questo nonostante le differenze di prezzo siano abnormi, indicativamente un locale pagherebbe un quinto della tariffa di un international, mentre ad un sudafricano viene chiesto un prezzo a metà tra i 2. Il Main camp è minimamente occupato, non ci si litiga certo per un posto nei bagni, tanto che le varie costruzioni sembrano private, anche se in pessimo stato, fortuna che l’acqua calda non manca. Il campeggio è recintato, meglio così, poiché i terribili versi delle iene vivacizzano il tempo della cena che affrontiamo sotto qualche goccia dell’immancabile pioggia quotidiana, che con sé porta qualche zanzara di troppo. Percorsi 281 km, tutto sommato in buono stato, fuori dal parco quasi tutti su strade asfaltate ben tenute.             

 

Gruppo di leonesse allo Hwange National Park

 

19° giorno

Durante la notte l’umidità ricopre ogni cosa, fortuna che all’alba il sole sorge imperioso e tutto si sistema permettendoci dopo colazione di risistemare tutto nella maniera migliore. Oggi giornata interamente all’interno del parco, ci sposteremo verso il camp di Simanatella visitando la zona. Appena usciti dal Main Camp il primo incontro proprio sulla via asfaltata è con un cobra che si muove solo quando il pick-up lo sfiora, immagine bella ma non certo rassicurante. La via che utilizziamo di prima mattina è la principale che passa lungo Guvalala e Shumba Pans, entrambe piene d’acqua ma vuote di animali. Proseguiamo verso Masuma Dam, forse la pozza più grande vista nel parco, coccodrilli e ippopotami lo abitano, fuori sempre poco, soliti waterbuck e impala, il posto si presta anche per passare la notte, anche questo col senno di poi molto spettacolare. Proseguiamo con tappa alla Mandavu Dam, questo un vero e proprio lago, paradiso dei pescatori. Per raggiungere il posto del camping o picnic si prende un sentiero non proprio sistemato, ma l’area è attrezzata e qui facciamo sosta per il momento relax quotidiano. Un’enorme teschio di elefante ci da il benvenuto, nella struttura centrale coperta ma aperta sui lati ci ripariamo durante l’ormai canonico scroscio quotidiano che lascia nel giro di pochi minuti spazio a un sole potente. Da qui andiamo verso Simanatella prendendo però alcuni loop minori tra cui il Simanatella River Loop che prevede il guado del fiume, praticamente senza acqua ma con salita e discesa affrontabili solo con 4x4 molto alti da terra. Lo scenario è meno affascinante di quello a sud del giorno precedente, tante sterpaglie secche, nonostante questo animali pochi pure nelle scarse pozze, una coppia di elefanti, una giraffa e niente più per ore. Raggiungiamo così Simanatella che sorge su di un promontorio nel bel mezzo del parco, nonostante la postazione strategica il camp è vuoto, alla reception (abbiamo pagato tutto al Main Camp, si esibiscono solo le ricevute) ci fanno accomodare nella zona campeggio, la più lontana dal centro, tra qui e ristorante ci dicono che potremmo trovare il wi-fi, in realtà pure qui si viene rimpallati e alla fine nessun collegamento disponibile, e allora partiamo per esplorare le zone attorno alla roccia-camp. Caldo e secco, ma sia nel Dombashura sia nel Kashawi Loop di animali non c’è traccia, tanto vale rientrare e godersi la vista dall’alto della nostra roccia, una specie di Gibilterra sopra la foresta. Da qui scorgiamo qualche elefante e poco altro, la vista è bella ma in effetti siamo molto in alto e scorgere gli animali non è per nulla semplice. Un addetto ha predisposto il fuoco per scaldare l’acqua delle docce, pure qui gli addetti al parco sono numerosissimi, abitano un grande villaggio nascosto e hanno ben poco da fare. Oggi i bungalow son tutti tristemente vuoti, nel campeggio ci siamo noi e una coppia mista sudafricana, cosa non proprio abituale visto fino ad oggi. Quando scende il buio si porta con sé di nuovo la pioggia e le nuvole, non è pioggia intensa ma non smette mai, ceniamo quindi al riparo del tendone e nelle nuvole sempre più avvinghiate alla roccia, di fatto come se fossimo avvolti nella nebbia. Percorsi 159 km, tutti nel parco su sterrato, non difficili a parte i passaggi nel Simanatella River Loop.          

 

Sbadiglio inquietante allo Hwange National Park

 

20° giorno

Non piove questa mattina ma il cielo è coperto, la vista purtroppo ne esce penalizzata, dopo colazione prendiamo la via d’uscita dovendo circumnavigare il gate poiché tutto il personale è impegnato nel briefing mattutino. La parte limitrofa l’abbiamo già esplorata il giorno prima, così oggi puntiamo su alcune parti più distanti, Manzichisa e Salt Pan dove ancora di animali pochi per poi tentare una deviazione al Big Tom Hide che non raggiungiamo causa impantanamento lungo il sentiero. Il terribile black cotton ci avvinghia, riusciamo però a districarci dopo innumerevoli manovre senza dover scendere e scavare, l’odore di frizione bruciata ci fa pensare che di escursioni a rischio non sia più il caso, così prendiamo la via d’uscita non nascondendo una certa delusione. Passiamo il Robins Camp, il camp principale per chi proviene da nord, ovvero dalle Victoria Falls, e poco prima della deviazione per Nantiwich Camp la vista che sconvolge la giornata. Adagiate sotto ad un albero a fianco del sentiero sul lato destro ci sono cinque leonesse, sosta immediata e foto a iosa, una sesta è poco lontana. Veloce osservazione dal mio lato, il sinistro, e poiché non mi pare di scorgere nulla non riesco a rimanere dentro all’abitacolo e mi sporgo fuori dal finestrino per fotografare con vista ben migliore. Sono guardinghe e annusano l’aria, in teoria pronte a cacciare, una di queste si alza, ci passa dietro e si mette in cerca di prede, osservando meglio mi accorgo che nella boscaglia a fianco strada, diciamo 2 metri dal mio finestrino da dove sono sporto c’è la settima leonessa, evidentemente non affamata. Riesco a fotografare pure i dettagli della lingua mentre sbadiglia, fortuna che colazione è già passata da tempo e non è ancora giunta l’ora del pranzo… Incontro ravvicinato, anzi ravvicinatissimo, bello da raccontare, altrimenti una nota su di un quotidiano italiano su turista sbranato in Zimbabwe non sarebbe di certo mancata! Con questa ultima grande emozione lasciamo il Hwange N.P., occorre attraversare la Matesi Safari Area per ritornare sulla via maestra, attraversamento su sterrato nel mezzo di mille pozzanghere tali da rendere il pick-up irriconoscibile. Incontriamo l’asfalto al bivio della A8, lì si va in direzione nord verso la meta simbolo dello stato, le Victoria Falls. I posti di blocco si susseguono, più volte ci contestano le condizioni di sporcizia del mezzo, spieghiamo che provino loro a uscire dal parco puliti e intonsi, dicono (ma non ho modo di verificarlo) che un mezzo sporco è un’infrazione al codice della strada, un oltraggio alla nazione, costerebbe pure 20$ di multa. Rispieghiamo la nostra provenienza e di fronte al nostro diniego a ogni presunta infrazione, oltre al fatto che non trovano nulla di non conforme al codice della strada, riusciamo a giungere al paese di Victoria Falls. Appena entrati nella città costruita appositamente come base di visita alle cascate, primo stop all’OK supermarket dove si può pagare in dollari, rand o carte di credito, rifornimento e ricerca di un posto per passare le prossime due notti. Tra i tanti optiamo per il grande Victoria Falls Rest camp & Lodge dove si sistemano anche grossi gruppi di escursionisti, pure in moto, nonostante le moto abbiano grandi limitazioni nel viaggiare da queste parti, ovvero non poter entrare nei parchi perché attaccabili dai grandi animali o dai felini. Il wi-fi funziona ma a una lentezza esasperante, dalla reception al campeggio ci sono circa 500 metri, occorre scegliere bene i tempi per evitare le piogge che arrivano più volte nel tardo pomeriggio anche se non così forti come prevedibile. Queste portano ahimè con sé una quantità di zanzare impressionante, ed essendo in luogo civile mancano tutti quei grandi insetti che se ne cibavano, così mentre nuotano nell’autan come un orso nel miele occorre coprirsi e attivare zampironi in ogni dove. Questa sera cena con carne d’impala, la più banale nei market, fatica a strappare una mesta sufficienza. Percorsi 185 km, molti dei quali nei parchi su strade non buone ed in pessime condizioni.

 

continua...

 

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