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5°
Il diluvio universale pare abbattersi sulla mattina caribeña, quindi tanta calma e relax, tè in ostello e chiacchiere varie, una volta smessa la pioggia veloce colazione alla soda Caribe poiché di mercoledì la fidata bakery è chiusa per turno. Oggi visto anche il tempo che promette cambi velocissimi tra pioggia e sole, tempo dedicato a sistemare aspetti casalinghi, iniziando da ozio su amaca in lettura tra un caffè e un batido. In bicicletta andiamo in centro per acquisti dei prodotti da consumo quotidiano, giro che vale anche come incontro della cerchia di amici e rientrati si va di piadina, partendo proprio dalla realizzazione del prodotto più romagnolo che ci sia, il mare evidentemente accomuna. Poiché il clima rimane variabile, andiamo da Fidel, o meglio Fedele ma essendo qui da tempo ha acquisito nome alla spagnola, dove recuperare alcune suppellettili ad uso casalingo. Un’affettatrice, una macchina per tirare la sfoglia, ci sarebbe pure un vecchio PC per il quale il padrone di casa vorrebbe monetizzare invano, ma di fatto l’incontro verte nella preparazione di quella che sarà la cena de navidad, imperniata in primis su di un maialino da fare al forno. Definito questo, quanti saremo, peso e tempi rientriamo in città, oggi è mercoledì e al campo da basket c’è gente, un richiamo non scritto trasforma per molti abitanti del luogo che non distinguono un giorno dall’altro il mercoledì nella giornata del baloncesto. Puerto Viejo riporta un numero di circa 2.000 abitanti, tra i 200 ed i 220 di questi Italiani, in realtà essendo un luogo turistico di gente se ne trova molta di più, e gli europei spopolano, si potrebbe dire che sul totale superino la metà dei residenti, Francesi, Olandesi, perfino Svizzeri, Tedeschi, insomma una piccola fetta d’Europa unita ha scelto questo cono da fin del mundo come meta privilegiata per vivere senza le ansie, le corse e gli obblighi delle ricche o meno città d’Occidente. In questi giorni il turismo abbonda e le strade sono piene, da qui fino a Manzanillo si registra il tutto esaurito, ma rimane un tutto esaurito nel contesto ben identitario del luogo, assolutamente diverso da quanto avviene in contemporanea sulla costa pacifica. Certo, se avete fretta che vi servano il piatto preferito nel locale che avevate adocchiato la sera precedente, beh, magari oggi non apre o apre 4/5 ore dopo quanto riporta l’iscrizione sulla serranda. Ma siete qui per il Caribe o per battere dei record di percorrenza? Come mi disse una guida chiloana tanti anni fa (tal Miguel Angel, chissà se riesce ancora a farsi pagare senza far praticamente nulla…), descansa y disfruta. Solito giro saluti ai lavoratori in città, rientro in ostello, doccia e relax, noto che le facce continuano a essere quasi sempre quelle, per cena di nuovo a casa dai ragazzi dove diamo fondo alla riserva di piade prodotte in mattinata e imbottite con gli embutidos acquistati dal Ciccio, o meglio al ristorante Va a seguir, che vende anche prodotti sciolti italiani, insaccati, affettati, formaggi e così via, ovvio che i prezzi non siano contenuti, costa più riempirsi una piadina che mangiarsi una deliziosa fettuccina inventata dal Ciccio sobre la marcha. Strano, di sera piove, quindi attesa che si sistemi per rientrare in ostello e scambiarsi info su cosa fatto e dove andare nei prossimi giorni coi presenti. Nel frattempo spazio in ostello esaurito, quindi camera da 4 al completo, spazi decisamente ridotti.
L'ex molo a Puerto Viejo de Talamanca
6° giorno
Questa mattina il sole svetta in cielo, tè in ostello poi riprendo le buone usanze in bakery per arrivare dai ragazzi col sole che si nasconde. Uno scroscio di pioggia scappa velocemente, ritorna il sole ma pure una forte umidità. Decidiamo comunque di andare in escursione, dalla fermata principale del bus partiamo per Bribri in direzione del confine Costa Rica/Panama di Sixaola. Si sale in montagna nel verde totale, strada tutta curve per sbucare in pieno centro di Bribri, piccolo villaggio che funge da mercato agricolo e dove nei paraggi sorgono alcune delle ultime comunità autoctone della nazione, i cabecar ed i bribrì, al vero piuttosto integrati, soprattutto i secondi. Dal villaggio a piedi lungo la statale 36, in pratica diritto rispetto alla fermata del bus, andiamo verso la cascata di Bribri, strada inizialmente asfaltata poi sterrata. Si oltrepassa un primo guado quando la strada ha preso leggermente a salire con belle viste sulla valle, oltre il quale a una biforcazione si va a destra (non ci sono indicazioni in nessun punto del percorso), e s’incontrano altri due guadi. Uscito da quest’ultimo, il percorso è decisamente peggiore ma ancora percorribile con un mezzo, adun piccolissimo parcheggio (giusto per due mezzi) si scende un tratturo in pessime condizioni tra radici di alberi e fango. Scorgo varie farfalle enormi e coloratissime e una piccola e mimetizzata rana, poi il guado più complesso, attraversato questo prendendo la parte a destra del ramo del fiume a sinistra si sale alla cascata. C’è una biforcazione, a sinistra si accede alla parte superiore della cascata (c’è una corda cui tenersi, un passaggio di 3 metri è lungo una roccia completamente liscia in forte ascesa), la cascata la si vede tra la folta vegetazione, il sentiero a destra porta alla base della cascata, ora al culmine della portata d’acqua. A differenza di altri periodi dell’anno, per accedere alla piscina naturale dove precipita il flusso più grande della cascata, occorre attraversare un piccolo e scivolosissimo canyon, date le attuali condizioni nessuno dei presenti si avventura in tale esplorazione. Ci godiamo la cascata fuori dalla piscina naturale ma in un ambiente comunque molto bello, e pian piano siamo ricoperti d’acqua ma, dato anche il caldo, il tutto è un piacere. Ripercorriamo il percorso dell’andata coi quattro guadi (nella stagione completamente secca solo l’ultimo proprio prima dell’ascesa finale rimane) per giungere in paese, tempo di percorrenza un'ora sia per andata sia per ritorno. I bus salgono e scendo lungo la tratta Puerto Viejo-Sixaola ogni ora, abbiamo quindi possibilità di far tappa qui rifocillandoci alla celebre Pollera, con piatti abbondanti e gustosissimi, in un locale preso d’assalto a ogni ora del giorno da locali, turisti e da chi fa avanti e indietro dal confine. Rientriamo in bus in paese dove faccio un salto a vedere l’ex molo. Struttura di ferro andata in rovina, ne rimane una parte nel mare che sembra più un relitto che un molo, divenuta quindi simbolo di Puerto Viejo proprio di fronte all’inizio della lunga e spettacolare playa Negra. La vista in controluce del tramonto rimanda a momenti tragici di affondamenti, in realtà niente di tutto questo, i più utilizzano la vecchia struttura come trampolino naturale, importante studiare per bene marea e onde. A seguire relax in ostello, chiacchiere post doccia e per cena giusto qualche spiedino recuperato dalle bancarelle sul lungo mare, nonostante siamo appunto sul mare gli spiedini sono sempre di carne, meglio non chiedere animale e trancio ma gustarlo, ottimi. Questa sera non piove, caffè in ostello dove oltre a quello americano c’è pure possibilità di prepararlo con moka tradizionale.
Avifauna nei pressi della cascata di Bribri
7° giorno
Notte particolarmente calda, niente pioggia, veloce tè in ostello poi di nuovo bakery, caffè e batido dai ragazzi. Una passeggiata intrapresa da più soggiornanti a Puerto Viejo è quella che conduce a una delle spiagge più amate, Cocles. La particolarità è data dal fatto che invece di andare lungo la strada vi è un sentiero nella foresta che sta appunto tra oceano e strada, in alcuni casi uno spazio che non arriva a 100 metri ma che estranea da entrambi i confini. Il sentiero lo si può incontrare partendo dal Salsa Brava, oppure nei dintorni della soda Caribe o uscendo dal paese entrando al grande Rocking J’s, ostello e bar-ristorante. Scelgo la seconda opzione e subito mi trovo immerso in una fitta vegetazione dove l’avifauna la fa da padrona e pare pure fresco, il sentiero è largo e tranquillo, ci sono più piccoli anfratti sul mare dove fermarsi, ma voglio camminare e quindi avanzo fino al promontorio prima appunto di playa Cocles. Si sale alla vetta dal lato sud, ovviamente nessuna indicazione, dall’alto la vista spazia tra baie, foresta ed isolotti, una specie di piccolo paradiso che sulle prime pare pure incontaminato. La spiaggia, nonostante sia la più celebre della zona, non è particolarmente battuta, in più va detto che il sole batte forte quindi i pochi presenti se non in acqua (ma oggi nuotare tra le grandi onde non è certo un piacere) se ne stanno sotto gli alberi. Proseguo cercando di trovare un punto dove saltare il fiume che qui giunge al mare, lo costeggio tra un lembo di terra dove c’è acqua in ogni dove, da una parte l’oceano, dall’altra una laguna piena di animali, ma un posto adatto per superarlo non c’è, la corrente è molto forte e l’unica alternativa è ritornare verso la strada e passare dal ponte. Certo la magia scompare ma lungo la strada trovo la Panaderia Francés dove far sosta, in realtà gestita da uno svizzero, qualità non eccelsa, per bere il mio ormai canonico batido proprio di fronte sorge un baretto e lì mi fermo a gustarne uno e far due chiacchiere su cosa vedere ancora. Opto per rientrare per il medesimo sentiero, per il bus sono nella pausa delle due ore, lungo la strada oltre al fatto che c’è traffico batte anche un sole forte, appena si entra nella foresta la temperatura precipita di almeno 5 gradi. Soste di nuovo tra promontorio e spiagge e rientro in ostello dove preparo il bagaglio da lasciare in ostello e le poche cose da portarmi al seguito al Tortuguero. Oggi ceniamo fuori, ritrovo dal Ciccio a Va a Seguir, tra qualche assaggio di antipasto e una fettuccina di alto livello cozze e vongole (il Ciccio ha scelto dopo vari confronti quelle provenienti dal Cile), finale con caffè Lavazza. Compagnia varia, non solo il gruppo degli amici italiani ma anche la titolare dell’ostello con famiglia, altri personaggi locali tra cui El Chato, un nicaraguense che in condizioni normali è in grado di sistemare qualsiasi cosa ma questa sera con qualche decina di birre di troppo lotta contro Newton e non sempre vince. Qui in riva al mare la compagnia è completata da un numero elevatissimo di zanzare, appena all’interno scompaiono.
L'Oceano Atlantico visto dal Parco Nazionale Tortuguero
8° giorno
Alle 6:20 il bus di Exploradores Outdoor passa a prendermi in ostello, è già quasi al completo, solo altre due tappe in paese e poi si parte, tutta una tirata fino a Betania, villaggio lungo la statale che sale a San José. Il complesso della compagnia che sorge qui funge da hub per tutte le destinazioni ed attività che offrono, tappa con colazione a buffet compresa nel pacchetto, splendidi bagni, armadi guardaroba per chi vuole lasciare qui zaini ingombrati, docce, e così via oltre al servizio wi-fi, io attendo il bus per il trasferimento verso il Parco Nazionale Tortuguero, i più sono invece qui per andare a fare rafting sul Rio Pacuare, considerato uno dei paradisi mondiali dell’attività. Con un bus più piccolo partiamo dopo circa 30’ verso Caño Blanco, inizialmente la strada è asfaltata, non in perfette condizioni ma si procede spediti, passiamo la città bananiera della Union Fruits (meglio conosciuta come la compagnia della Chiquita) e sul lato opposto della strada quella della Delmonte, un’enorme proprietà dotata pure di aeroporto privato. Terminate queste due cittadelle l’asfalto scompare, o meglio larga parte scompare lasciando di sé solo piccoli rattoppi che fanno viaggiare a velocità ridottissima, molto meglio quando questi rattoppi scompaiono e si viaggia decentemente su sterrato. Caño Blanco altro non è che un imbarco per le long boat che solcano i canali tra l’oceano e il parco, occorre circa 1:15 per giungere a destinazione, purtroppo un simil uragano si abbatte sull’area, dobbiamo chiudere le paratie laterali dell’imbarcazione e del percorso lungo i canali non vedo quasi nulla. Fortuna vuole che poco prima di giungere al lungo, stretto e turisticissimo villaggio di Tortuguero la pioggia cessi, sbarchiamo e siamo suddivisi a seconda del tipo di sistemazione richiesta. Alcuni vanno verso i taxi d’acqua per i grandi resort che sorgono più a nord, io faccio tappa a La Casona, bella sistemazione di fronte agli impianti sportivi e prossima all’oceano. Ho una camera tutta per me, letto matrimoniale e singolo, ventilatori (non fa caldo ma molto umido), grande e pulito bagno con acqua caldissima, amache nel patio centrale coperto, giardino interno con fontana e visita d’iguane, ovviamente wi-fi e colazione l’indomani, più uso cucina. Il villaggio è un susseguirsi di ristoranti e bar, agenzie di viaggio e nella parte interna alberghetti, la prima esplorazione termina con l’ennesimo acquazzone, tappa al Flor Caribe per batido e insalata di frutta attendendo che smetta. Quando accade, raggiungo gli impianti sportivi, attraverso il campo da basket che si rispecchia nelle pozzanghere e arrivo all’oceano, particolarmente alterato e inaffrontabile. Un sentiero interno sale al Sea Turtles Conservancy, il luogo dove apprendere ogni segreto dell’animale che ha fatto la fortuna del parco e giustamente è protetto. Qui nella stagione giusta, da aprile a settembre, migliaia e migliaia di tartarughe ritornano ogni anno a depositare le uova, una volta dischiuse, le decine di migliaia di piccolissime tartarughe prendono il mare, l’operazione è protetta dai volontari del centro per far sì che i turisti non intralcino quest’azione naturale ma pure che questa non sia interrotta dai tanti animali predatori, i simpatici coati per primi. Ora non è stagione quindi di tartarughe non c’è traccia, ma si può assistere a un filmato che spiega con dovizia di particolari quanto avviene qui oppure leggere i tanti pannelli illustrativi, visitare il piccolo museo che elegge a massima attrazione la tartaruga verde, alcuni soggetti possono raggiungere anche un diametro di due metri. Stupisco un’addetta mostrando la foto di uno di questi esemplari immortalato nell’estate precedente in un’isola della Papua Nuova Guinea, si scandalizza quando vede una di queste tartarughe con bambini che le saltano in cima. Il livello di cultura dei due stati non è proprio paragonabile. Nei paraggi si avvista una fitta presenza di avifauna, tra cui una coppia di ara, il pappagallo più grande, singolare e colorato, ammetto visto grazie alle dritte di una guida assoldata da una comitiva canadese. A occhio nudo si riesce giusto ad individuarli, col cannocchiale della guida altro discorso, pure io posso rimirarli non facendo parte del gruppo. Rinuncio a un’escursione a piedi al parco al tramonto, più che vedere qualche animale occorre guardare dove mettere i piedi causa un fango oltre ogni immaginazione, allora dopo doccia e relax inizio a fare un punto di eventuali mete alternative lungo il cammino. Per cena ridò fiducia al Flor Caribe, un po’ perché c’è gente ma non è completamente pieno, un po’ anche per via del fatto che mentre passo riprende a cadere un po’ di pioggia. Cena dalla quantità perfino eccessiva poi rientro velocemente in hotel data anche la sveglia a seguire decisamente anticipata.
continua...
BLOGGER
Luca