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5° giorno
Colazione all’alba in hotel e poi a piedi raggiungiamo le gole del Todra quando i colori sono al meglio e le bancarelle dei souvenir ancora chiuse perché la ressa dei turisti non è ancora giunta. Lottando contro la difficile digestione del dromedario, percorro la piccola strada che si snoda tra le elevatissime pareti di roccia rosa come un viandante alle porte del tempio, a parte qualche avventuriero che ha passato la notte in tenda nell’uadi non c’è nessuno e l’impressione di essere un microbo tra i giganti prende corpo. Arrivati al lato opposto si dipanano sentieri che porterebbero alla sommità della gola, viste le condizioni non così brillanti evito di andare a cerca guai e mi godo il lento ritorno tra queste pareti gigantesche che pian piano prendono vita quando i venditori iniziano a sistemare i precari negozietti volanti. Da qui partiamo spediti in direzione est con rapida sosta per i graffiti rupestri a Erfoud e stop a Rissani per visita quanto mai gradita dall’autista al santuario Zawiya Moulay ali ash-Sharif, fondatore della dinastia alawita. Santuario di recente costruzione che regala al suo interno il fresco del cortile in una zona particolarmente calda, ma in realtà la vera meta di giornata sarà Merzouga e finalmente il deserto vero e proprio con le dune di sabbia. A Merzouga, avamposto marocchino verso l’Algeria, si fa tappa per intraprendere le piste del deserto, ci appoggiamo presso un albergo dove sistemare gli zaini con lo stretto necessario per il deserto e poi secondo la scelta si parte per l’Erg Chebbi, il deserto di dune. L’opzione può essere a dorso di dromedario (circa 1h) oppure in jeep (15’), in entrambi i modi si raggiunge un campo tendato dove passare la notte ammirando tramonto e alba nel mezzo del nulla, anche se va detto che il campo è attrezzatissimo, per chi è abituato al deserto pare di essere in un hotel vero e proprio dove si è serviti e riveriti con tanto di servizi igienici funzionanti (date le temperature in pratica solo acqua calda), letti veri e propri da poter disporre all’aperto perché all’interno delle tende berbere il caldo è soffocante, la cena è servita come se fossimo in riad e quindi rimane il tempo per gustarsi la notte stellata in tranquillità. Nonostante ci troviamo in un erg (che significa deserto di sabbia) senza rocce che trattengano il calore la notte la temperatura non abbandona di molto i 30°, l’unico inconveniente è il vento che porta sabbia in ogni dove con qualche problema di troppo agli apparati fotografici, zoom in primis. Finisco di litigare definitivamente col dromedario e cerco di sistemare lo stomaco con del riso in bianco, soluzione risolutiva anche se non appetitosa con quanto ci sarebbe a disposizione anche qui nel mezzo del nulla. Percorsi 230 km.
La kasbah del Caid, Agdz
6° giorno
Sveglia puntata prima delle 6 per non mancare l’alba magica del deserto, si sale sulle dune e si rimira il sorgere del sole guardando laggiù verso l’Algeria ed ancora più in là, lungo quel percorso che in 51 giorni porta (meglio, portava) a dorso di dromedario verso l’antica città carovaniera di Tombouctou ora posta nel controverso Mali, ma anche il sud dell’Algeria non può più dirsi tranquillo come lo trovai a fine 2008. Terminato lo spettacolo è già ora di rientrare verso l'albergo di Merzouga dove abbiamo a disposizione una stanza per lavarci e sistemarci (all’ultimo piano, per chi avesse intenzione di passarci la notte segnalo il caldo impossibile) e dove ci lanciamo in una sontuosa colazione a bordo piscina (causa tempi inutilizzabile). Rientriamo a Rissani dove visitiamo un ksar gestito da un intraprendente locale (ex giocatore di basket con nel palmares 12 presenze in nazionale) che ci illustra ogni dettaglio del posto da generazioni appartenente alla sua dinastia e che chiede al termine una cospicua offerta per la ristrutturazione per poi immergerci nei costumi locali che oggi cadono nel mercato del bestiame. Divisi in separate sedi si trovano gli spazi per gli asini, le pecore, le capre oltre al solito souq dove le spezie la fanno da padrona, la cosa più caratteristica è però il parcheggio dei visitatori, un grande spazio dove ognuno lascia al custode il proprio asino che viene parcheggiato in precisi posti designati. Già, qui il mezzo per muoversi è proprio l’asino, mentre la mitica R4 che ha fatto la storia delle strade marocchine è rappresentata su di un piedistallo al primo luogo di ristoro della strada che conduce verso N’Kob e successivamente di nuovo a est verso il deserto a Zagora, dove giungiamo non prima di aver rimirato dall’alto la sua celebre palmeraia. Quando facciamo tappa al nostro hotel, la temperatura è ancora piuttosto elevata (oltre 40°) tanto che per asciugare il bucato bastano pochi minuti. Cenato alla maniera tradizionale che mischia tajine a couscous solitamente con verdure o pollo, approfittiamo della serata cittadina per una vasca lungo l’imponente via che rappresenta la città, alle spalle delle costruzioni che vi si affacciano compare il nulla, o meglio il deserto. Senza tirar tardi è possibile far serata in uno dei tanti caffè che sorgono sulla via, certo si viene guardati con curiosità, i prezzi sono alquanto contenuti, tra immancabili tè alla menta, caffè o bibite si sta tra i 4 e 7d. Ovviamente di alcol nessun traccia. Percorsi 347 km.
A tu per tu con le dune di Tifnou
7° giorno
Colazione in hotel con sorpresa, presenza di croissant e pain au chocolat nemmeno fossimo nel cuore del quartiere latino, partiamo in direzione sud-est con sosta a Tamegroute per visitare la Zawiya Nassiriyya, celebre biblioteca all’interno della medersa coranica. Nell’attesa che ci aprano la biblioteca visitiamo l’adiacente ksar immergendoci nei suoi vicoli alcuni dei quali coperti e di dimensioni minime per finire in una fabbrica di mattoni e souvenir, la Cooperatve des Poiters, celebre perché proprio sul retro della fabbrica è posta la rappresentazione della traversata a dorso di dromedario verso Tombouctou. Quando rientriamo alla biblioteca ci attende un imam che con un francese particolarmente fluente e velocissimo espone in meno di 15’ tutta la storia degli oltre 4.000 volumi presenti, dalle scienze alle religioni. Tinfou è vicina, come non far tappa alle sue dune per una veloce ascensione alla vetta dove spaziare verso il mare di sabbia giallo? Scalare queste dune è un piacere, certo pare un parco giochi più che un vero e proprio deserto ma è tutto originale e autentico. Risaliamo la valle del Dràa conosciuta per le vaste produzioni di datteri che scorgiamo ovunque in quantità impressionanti, per concederci uno stop a Agdz. L’autista ci scarica nel centro città per andarsene a pranzare nel solito ristorante di un conoscente, noi prendiamo un tre ruote e caricati sul retro ci facciamo accompagnare alla kasbah del Caïd per una visita con guida. L’antica costruzione è molto suggestiva, il dedalo di scale e piccole stanze regala viste che coi giochi di luce si fanno interessanti, così come i racconti delle guide che non mancano di segnalare la lunga presenza in questo luogo di Brad Pitt e Cate Blanchett al tempo del film Babel, qui girato. Lungo il percorso nei dintorni del villaggio di Siroua abbiamo tempo per una visita a una cooperativa tessile che produce gli immancabili tappeti ma che offre anche un delizioso tè alla menta, forse la cosa migliore del posto perso e dimenticato dove due ragazzini di Marrakech sono stati mandati a passare le vacanze dai nonni, non propriamente felici alla lunga del regalo ricevuto. La meta serale è lontana, direzione sud nel mezzo del nulla, passato l’avamposto di Foum Zguid troviamo l’hotel. Siamo nel mezzo del nulla, un caldo che cuoce anche quando il sole ha già fatto capolino, questa volta impossibile non approfittare della piscina, fa però impressione essere in una vera e propria cattedrale nel deserto senza nessuna presenza. La cena è particolarmente ricca e servita a bordo piscina, dove passiamo la serata e parte della nottata visto che i bungalow a disposizione emanano un caldo invivibile, nonostante sia belli e caratteristici. Percorsi 323 km.
Uno scorcio del mercato di Rissani
8° giorno
Ritmi lenti da queste parti, ci presentiamo prima noi per colazione che gli inservienti per prepararla nonostante fossimo stati indirizzati da loro, superata questa prova si parte con sosta a Tissint (significa "sale" in lingua locale) presso le cascate che assomigliano più a un orrido che a cascate vere e proprie utilizzate dalle gente locali come lavanderia a cielo aperto. Il vento che porta in circolo la sabbia del deserto dona un aspetto giallognolo a tutto l’orizzonte mentre il caldo monta veloce e inesorabile. Giungiamo a Tata che presenta una larga e anonima periferia destinata alle tante famiglie dei militari di stanza qui, per passare alla grande palmeraia attraversata la quale saliamo, non senza difficoltà nel trovare la via, al bianco marabut, un mausoleo che domina la città. Scesi al centro facciamo tappa al decadente caffè Clichy che serve un corroborante tè alla menta con stoviglie preziosissime e qui cerchiamo una guida che ci possa condurre ai graffiti rupestri della zona, i più celebri del Marocco. Trovata la guida veniamo indirizzati verso gli antichi graffiti di Oum el-Alek. Scendiamo dal mezzo che sosta al di sotto dell’antico argine del uadi, la temperatura sorpassa senza timidezza i 50°, l’ascesa non è difficile ma il caldo si fa sentire, solo sulla cresta si respira e lì, seguendo attentamente le indicazioni della guida, scorgiamo innumerevoli graffiti raffiguranti i più svariati animali, alcuni identificabili, altri probabilmente estinti. Le bottiglie di acqua che provvidenzialmente si era portato appresso non servivano per evitare qualche svenimento ma per rendere meglio visibili le incisioni. Questo punto è la rappresentazione estrema del deserto, miraggi tutto attorno, un sole che acceca ma tanti piccoli ritrovamenti che affascinano alla vista, o lo ami o lo odi, qui le mezze misure sono impossibili. Il caldo accumulato lungo il camminamento sulla cresta lo si sconta una volta risaliti sul pulmino, dobbiamo affrontare alcune piccole salite e quindi l’aria condizionata non è sfruttabile se non al minimo, fortunatamente torna utile una bottiglia di acqua gelata che sistemata sul poggiatesta irrora fresco dal collo in ogni dove. Serve avere al seguito tanta acqua, per ogni minuto di cammino in questo luogo occorre ripristinare quanto prima i liquidi. Rientriamo nella civiltà verso Akka con sosta per l’ennesimo tè alla menta e saluti alla guida, da qui prendiamo l’ennesima via verso il nulla per far tappa nei paraggi di Icht al Borj presso lo splendido hotel Biramane. Avevamo fissato tende berbere per risparmiare, ma il caldo le rende di fatto inaffrontabili, così paghiamo la differenza e prendiamo possesso di stanze che assomigliano a miniappartamenti nel deserto dotate di ogni confort. Il posto è gestito da francesi, è possibile finire la giornata in piscina con idromassaggio serviti di bevande, birra e vino compresi. Nel mezzo del nulla attendiamo la cena tipica marocchina ma dai gusti occidentali con preziosissime portate nel caldo della sera scambiandoci impressioni con altri viandanti stranieri, situazione fino ad ora mai occorsa. Percorsi 333 km.
continua...
BLOGGER
Luca