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Messico del Nord e Bassa California - VII

Il dettagliato diario di viaggio del nostro Luca

 

...segue 

 

25° giorno 

Colazione in uno di quei simpatici ristorantini indigeni pieni di locali e vuoti di turisti, l’ideale per partire di slancio andando a noleggiare prima ancora che aprano una Jeep Wrangler. Partiamo immediatamente seguendo gli itinerari che hanno fatto la storia della mitica Baja 1000, alcuni dei quali riproposti anche dalla Lonely Planet in un capitoletto a parte, così da percorrere gli sterrati lungo la costa verso est, attraversare il cabo e scendere poi giù a Cabo San Lucas dal versante ovest. Non c’è un’indicazione che sia una, nonostante Cabo Pulmo sia una delle più grandi attrattive per gli amanti delle immersioni della zona, dalla Mijares occorre prendere la Suarez e andare a sentimento lungo la costa. In una splendida giornata di sole come quella odierna lo scenario è incantevole, mentre la Jeep si lascia condurre con facilità sugli sterrati, da una parte ci sono le colline desertiche coperte di cactus e dall’altra un mare talmente blu che acceca, quelle immagini che son sempre parse finte a proposito della Baja qui si materializzano ovunque. Il primo vero e proprio stop lo facciamo sulla spiaggia di Los Frailes, un'insenatura naturale nascosta da una collina, arriviamo in spiaggia e apprezziamo il 4x4 dopo esserci insabbiati. Dal vicino campeggio arrivano varie persone a riposarsi sulla spiaggia e a uscire a pesca con piccolissime barchette mentre i pellicani sono i padroni assoluti della situazione. Da qui ripartiamo per Cabo Pulmo, minimale villaggio (dichiarati 58 abitanti) molto new-age, possibilità limitate di soggiornare per tuffarsi nel Parque Nacional Cabo Pulmo, ambiente incontaminato e pace assoluta, poi la strada devia all’interno con alcuni sentieri non segnalati che vanno verso la costa. Ne prendiamo uno a caso, sovente finiamo in territori privati, ma alla lunga centriamo il bersaglio per arrivare a un faro che domina la parte terminale della costa est della Baja, da lì rientriamo verso Cabo Ribiera dove grandi cartelloni pubblicitari invitano a comprarsi il proprio spazio nella imminente marina che sorgerà. Nel frattempo che il cemento non si è ancora mangiato la natura pranziamo con tacos de camarones sublimi a un prezzo impensabile tanto è basso. Prevedo che la nuova marina permetterà in futuro affari ben diversi al simpatico ristorantino, oggi per nulla frequentato. Arrivati a Los Barriles l’itinerario può dirsi completato, rientriamo sulla statale n° 1 per cercare il sentiero che da Los Naranjos porta a Pescadero, ma non è facile incontrarlo perché non segnalato. Dopo aver chiesto infinite indicazioni a Santa Anita ci vien finalmente detto di tenere come segnalazione quella per La Palma (Los Naranjos è solo il nome di un’altra fattoria lungo il cammino e non di un posto lungo la statale), una fattoria lungo il sentiero e così iniziamo l’attraversata, saranno 50 km ma servono 3 ore, immaginatevi il percorso. La prima parte è tranquilla, poi quando si inzia a salire arrivano le prime difficoltà, è fondamentale avere un mezzo non tanto 4x4 ma soprattutto molto alto da terra per non rimanere bloccati in passaggi profondi, e comunque con un gran tiro in basso per uscire veloci ma non forte da situazioni in contropendenza verso il vuoto… Raggiunto il passo la vista si perde verso le montagne che scendono all’oceano, sembrerebbe un gioco arrivare ma il brutto si trova proprio nei primi 3 km di discesa, e del resto i tempi di percorrenza che ci avevano dato alcuni abitanti della zona dovevano far pensare a qualcosa di preoccupante. Occorre prestare molta attenzione al sentiero a discapito della bella vista, poi più avanti nell’attraversare distese di cactus interminabili ci si rifarà, non pensate di percorrere questo sentiero con un normale suv come vedrete in gran numero a San Josè o Cabo San Lucas, oppure con una jeep ultramoderna, si sbatte sovente sul fondo e una luce da terra importante è fondamentale. Arriviamo sulla statale a sud di El Pescadero, non c’è nessuna indicazione anche da questa parte, quindi trovare il sentiro giusto senza consiglio di uno del posto non è facile, visto che i passaggi sembrano tutti uguali. Pochi kilometri a sud su di un promontorio dov’è possibile fermarsi e salirci a piedi (perché buona parte della costa è privata e recitanta) si gode di una vista mozzafiato, con in lontananza gli spruzzi delle balene decisamente numerosi. Raggiungiamo Cabo San Lucas verso il tramonto, la vista pare a tutti gli effetti quella di Rio de Janeiro, purtroppo ci perdiamo in un quartiere popolare dove azzeccare la strada per il faro che domina tutta la zona è arduo e quando la troviamo il tramonto è già sceso e la vista ci viene negata. Così rientriamo a San Josè e dopo aver avuto la razione giornaliera di acqua calda nella casa di Consuelo cerchiamo un ristorante per locali incontrando alcune difficoltà, visto che quasi tutti chiudono per cena. Così, volendo evitare quelli principali dove siedono solo gringos e dove tutti si rivolgono direttamente in inglese torniamo al ristorante argentino, variando il menù e cadendo sempre su ottime scelte a quantità pantagrueliche, ormai ci han presi per amici e quindi anche il trattamento è di favore. Un leggerissimo venticello accompagna la serata al ristorante, dopo il caldo desertico della giornata sui sentieri di gara è il perfetto coronamento della giornata. Ovviamente veniamo invitati alle future serate di tango che partiranno tra meno di un mese, ma prima ancora che rispieghiamo chi siamo questa volta sono loro a perdersi in una allegra e lunghissima risata.

 

La spiaggia di Los Frailes

 

26° giorno

Giornata senza fretta, colazione in tutta calma a fianco di quello del giorno precedente, poi riconsegnamo la jeep dopo averla rifornita di benzina. Per 330 km abbiamo usato 48 litri di carburante, un mezzo decisamente assetato considerando le velocità blande a cui l’avevamo spinta. Con un pulman dal terminal di San Josè andiamo a La Paz e con un bus raggiungiamo il centro trovando alloggio presso un hotel con un'ottima camera ma l'acqua esce col contagoccie dalla doccia. Prima tappa presso la biglietteria della Baja Ferries che ha un grande filiale anche in città evitando così di dover andare a Pichilingue per comprare il passaggio in nave di rientro nel continente. È già pomeriggio quando iniziamo a visitare la città che non ha nulla di particolare ma che funge da base perfetta per un sacco di attività, dall’andare a nuotare con gli squali balena, a starsene spaparanzati in spiaggia o per raggiungere l’isola di Espiritu Santo. È già tardi per tutto questo, così dopo aver preso info per una escursione per il giorno seguente recuperiamo in anticipo anche il biglietto del bus per il porto di Pichilingue (il terminal è sul lungomare non propriamente indicato), e dopo aver gustato l’ennesimo ghiacciolo al pistacchio in una delle infinite michoacana (come qui vengonono chiamate le gelaterie) tappa in relax nella strettissima spiaggia della città e in alternativa una passeggiata sulla banchina che si estende verso il mare piena di pescatori che permette la vista della città fronte mare. Per cena optiamo per un piccolo e folkloristico locale che ci serve una sopa de mariscos favolosa, seguita da pesce impanato che ancora adesso mi fa tornar fame. Il locale non attirerebbe nessuno, ma alcuni personaggi del luogo incontrati sul lungomare ce lo avevano consigliato con foga, posto dove la signora fa di tutto e il marito solo i conti, oltre a lasciare sul tavolo quel poco di caffè solubile ancora rimastogli. Per chi volesse cenare risparmiando, segnalo che lungo le strade centrali è pieno di piccoli comedores che servono tacos de mariscos/camarones a prezzi ridicoli, sicuramente la concorrenza facilita veramente a calmierare i prezzi verso il basso, in un posto come la Baja California dove tutto costa mediamente di più rispetto al resto del Messico.

 

Non è Baja California senza cactus

 

27 ° giorno

Colazione in una panaderia lungo Av. Revolucion a base di paste, per un caffè espresso che dopo tante brodaglie solubili o americane mi pare un pugno dritto in testa facciamo tappa da Exquisito sul lungomare dove iniziamo a verificare la possibilità di uscire in mare ad avvistare squali balena coi quali dicono sia normalissimo nuotare. Le condizioni del mare non sono per nulla buone, c’è vento ed è agitato, così anche per l’assenza di altre persone interessante occorre attendere e lo facciamo iniziando una lunga conversazione con Hector, capitano, tour operator e vecchio marinaio del luogo ora diventato piccolo impreditore del turismo. Sa di tutto e parla svariate lingue, meravigliandosi di non dover utilizzare l’inglese per una volta. Conosce molto bene l’Italia, trasportando innumerevoli appassionati di sport acquatici, ed emblematica arriva la domanda di come vada ora in Italia con Burattini primo ministro. Subito non capiamo (burattini si dice titeres in castillano), ma poi parte una grande risata collettiva, la sua conoscenza pare approfondita, siamo una barzelletta mondiale visto che anche una coppia danese comprende di cosa stiamo parlando… Fra una battuta e l’altra arriva finalmente il momento di partire per la ricerca degli squali, l’escursione costa 700 pesos a imbarcazione, ci si può stare fino a 8, noi ovviamente non troviamo altri avventori e dobbiamo sobbarcarci il costo in due, costo che non viene ripagato da un buon risultato perché il mare continua ad essere molto agitato, la lancia sale e scende tra le onde e ovviamente non si riescono ad avvistare gli squali balena perché hanno scelto un luogo più riparato rispetto al fronte di La Paz. Completamente fradici e dopo aver visto il mare in perpendicolare su di una piccola lancia torniamo a terra molto delusi, il tiburonballena era l’ultima chicca che ci sarebbe potuto toccare in Baja California e invece causa avverse condizione del mare di Cortez l’occasione è andata perduta. A quel punto non ci resta che un rapido giro per La Paz gustando gli ultimi tacos de camarones in giro per le bancarelle e un salto a un internet point a buttare un occhio agli orari dei pulman da Mazatlan in direzione DF. Ritirati gli zaini da doña Lolita, prendiamo un bus dal piccolo terminal centrale per andare a Pichilingue, porto di partenza delle grandi navi per Mazatlan o Topolobambo. Il bus scarica tutti all’ingresso del porto, una navetta porta al terminal marittimo dove occorre arrivare già col biglietto, che se non è stato comprato in precedenza e ci sono ancora posti è possibile recuperare in un ufficio al porto che però non è né all’ingresso né al terminal passeggeri, furba come idea. I traghetti della Baja Ferries partono a giorni alterni per le due destinazioni citate in precedenza, tranne il mercoledì giorno di sosta. La traghettata è notturna, occorre presentarsi almeno un’ora prima della partenza (inutilmente mi verrebbe da dire visto il ritardo per la partenza vera e propria), c’è una perquisizione peggio che in aereo (dove occorre lasciare il bagaglio, potendo portare a bordo solo quello a mano, quindi arrivate preparati a combattere il freddo della nottata) e una volta a bordo si parte solo quando tutti i camion son stati stivati, percui se la coda è lunga l’orario previsto (le 19) viene bellamente tascurato. È gia buio pesto quando i motori salgono di giri, abbiamo almeno 90’ di ritardo in partenza verso Mazatlan, e appena lasciata Pichilingue è già tempo di cena, compresa nel prezzo per gli alimenti base, da pagare anche la più piccola delle bevande. Fortunatamente il traghetto è vuoto per più della metà dei posti poltrona, ma avendo recuperato il sacco a pelo trovo posto a terra sulla morbida moquette dove inizio a dormire indisturbato. Fortunatamente la immancabile tv, come sui pulman, di notte viene spenta.

 

Una via del centro di Morelia

 

28° giorno

Non è nemmeno l’alba che alcuni messicani iniziano una lunga discussione su quali siano i pullman più economici per raggiungere il Chiapas, visto che si parla di oltre 2.000 km molte sono le possibilità e così dormire diventa impossibile. Tanto vale godersi il panorama dal ponte di poppa, più riparato dal vento del mare, da dove però non si avvista ancora terra. In effetti arriviamo con 2:30 di ritardo a Mazatlan, entrando in porto tra scogli che si alzano in bella vista, c’è una lunga coda per uscire non tanto dalla nave quanto dal porto perché fervono i controlli di polizia, poi una volta fuori con un bus arriviamo alla central camionera dove prendiamo subito un passaggio notturno per Morelia. Lasciati gli zaini al deposito del terminal facciamo colazione/pranzo in uno dei tanti ristoranti economici nei dintorni scegliendo mangiando a sazietà. In tutti questi locali di categoria economica non servono alcolici, ma per chi vuole si può andare nell’unico “elegante” a comprasi la birra, non fanno storie. A quel punto è tempo di spiaggia, scendendo per Ferrusquilla (che è quella del terminal) si arriva alla lunghissima Playa Norte, un'infinita spiaggia a forma di conchiglia di sabbia finissima, ovviamente in questo periodo vuota di gente, se non gli appassionati di footing. Ci crogioliamo al sole per un po’, poi è tempo di visitare il centro della città che si trova più a sud, raggiungibile in bus. Il centro storico, caratteristico messicano, non regala nulla di esaltante, se non la vita che si percepise essere molto intesa da queste parti, il bello è lasciato alle spiagge e al Cerro del Creston che domina dal mare il cuore di Mazatlan. A nemmeno 100 m da plazuela Machado si trova Playa Olas Altas, paradiso dei surfisti, che se non stanno attenti potrebbero arrivare sul loro surf direttamente nei negozi circostanti la spiaggia! Da qui sempre costeggiando il mare si risale verso la piattaforma dei clavadistas, i tuffatori che si buttano dall’alto di una piattaforma di circa 15 m in una piccolissima pozza, la cosa fa impressione e giustamente chi vuole vederli all’opera deve fare un’offerta. Si può salire sul trampolino, più difficile scendere per chi soffre di vertigini visto che non esistono parapetto, corrimano o corde. Ma del resto chi ci sale si dovrebbe tuffare non scendere a piedi come faccio io. La vista al tramonto da questo luogo è spettacolare, con sullo sfondo i traghetti in partenza e il cielo infuocato, lo sperone che fa da trampolino sembra un drago che apra la bocca per mangiarsi i clavadistas. Ma il tempo di permanenza a Mazatlan per noi è terminato, occorre riprendere un bus direzione nord (dove alla fine della playa norte si trovano i grandi alberghi dei turisti) per la central camionera da dove con un bus andremo a sud. Visto il ritardo del pulman che è de paso (quindi fa più fermate) occorre arrangiarsi per cenare all’interno del terminal e mi lancio, come molti indigeni, in un posto che offre "pasti istantanei". Si tratta di spaghetti/noodles in scatola che vengono reidratati con acqua e messi a scaldare per 20” nel microonde. Una roba che creerebbe dubbi sulla commestibilità al mio cane, ma la temperatura ustionante toglie qualsiasi possibilità di distinzione (mi han pure chiesto se volevo la versione camarones o chili, optando per la prima ma potrebbe essere stata anche alla ternera o alla calabaza che nulla cambiava) della schifezza che si ingurgita. Con quasi un’ora di ritardo partiamo per Morelia, riscaldamento accesso durante la notte quindi non occorre recuperare coperte o sacco a pelo per la nottata, al seconda consecutiva in viaggio.

 

continua...

 

Messico del Nord e Bassa California - I

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