menu:
cerca sul sito:
seguici su:
menu:
cerca sul sito:
seguici su:
1° giorno
Di prima mattina, con un treno regionale da Bologna raggiungo Milano, poi col Malpensa Shuttle l’aereoporto dove dal terminal n° 1 ho il volo per Dubrovnik. L’aereoporto della cittadina croata (in un specie di enclave tra la Bosnia ed il Montenegro) si trova quasi 20 km a sud della città, le formalità sono ridotte al minimo e col pulmino già pronto ad attenderci, nel mezzo di maxibus ipermoderni, andiamo verso la città. Su di una collinetta a sinistra della strada si erge un enorme cartellone pubblicitario che ringrazia il generale Ante Gotovina. Sarà anche stato consegnato dalle autorità croate al tribunale internazionale dell’Aja, ma vedere cose del genere incute un certo timore, come se sotto alla pace e alla tranquillità raggiunta qualcosa bruciasse con continuità. La strada che porta a Dubrovnik regala la vista più bella e più celebre della città fortezza (l’antica Ragusa), quella dall’alto che penso chiunque una volta nella vita abbia visto. Non ci si può però fermare, le aree di sosta si trovano ovviamente sul lato del mare, la linea di mezzeria è continua e la polizia locale è integerrima, e fa cassa con facile continuità. Per entrare in città c’è una fila incredibile, un po’ come quella dei translatantici nello scaricare persone giù al porto. Avendo prenotato con largo anticipo raggiungiamo un appartamento, si sale per una angusta scala ma il posto è simpatico e centralissimo anche se il costo non proprio basico. Ma in questo luogo turistico all’ennesima potenza è già tanto poter passar la notte nella città vecchia. La città per forza di cose è in larga parte ricostruita, ma lo Stradun, la via centrale lastricata in marmo, è un’incanto. Girando in lungo e in largo fra moltitudini di comitive si scorgono angoli dimenticati dalla ristrutturazione (tipo piazza Poljana Rudeca Boskovica), oppure uscendo dalla città vecchia la grandiosa vista dall’alto della Don Bulca. Un giro delle mura prima del tramonto è immancabile, il sole colora i tetti rossi e anche se si vede chiaramente che son tutti nuovi (nel 1991 son stati pesantemente bombardati), pazienza. Si sale a lato della Fortezza di San Giovanni, dove si incontrano tanti natanti alle prese con partite di pallamano, una cosa che colpisce e colpirà per tutto il viaggio, cosa rarissima da noi, diffusa ovunque sull’altro lato dell’Adriatico. Goduto lo spettacolo del lungo giro delle mura è tempo di cena, ma trovare un posto non è facile. La scelta sarebbe la rinomata Lokanda Peskarya, ma trovar posto nella parte relativa al pesce è impossibile, così optiamo per le panche a fianco e un menù, valido, di terra. Di sera la città si illumina in maniera incredibile, spettacolo nello spettacolo, gente ovunque ma per chi come me è abituato a tanto deserto un’impressione stile Gardaland rimane. Si incontrano persone provenienti da ogni parte del mondo, con prevalenza per statunitensi, sarà per le grandi navi crociera che attraccano numerosissime nel porto. Percorsi 21 km.
Le mura della Fortezza di Dubrovnik - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
2° giorno
Alle 8 di mattina par di svegliarsi in un altro luogo, quasi nessuno in giro se non i furgoncini delle pulizie e gli addetti dei tanti ristoranti che iniziano a preparare i posti per la lunga giornata. È compresa la colazione in un luogo a 50 m dal ristorante, con buffet molto ricco, poi partiamo immeditamente destinazione Montenegro che raggiungiamo dopo meno di un’ora e una sosta per far rifornimento (che in Croazia costa quasi come in Italia). Pratiche di frontiera veloci e appena entrati facciamo tappa a Herceg Novi, dove ha inizio la Baia di Kotor (conosciuta anche come Bocche di Cattaro). La cittadina è dominata da una fortezza con torre sanguinaria utilizzata per spettacoli di teatro e cinema, mentre al tempo dei turchi era una prigione, c’è una bella torre dell’orologio e una buona vista ma direi che non meriti una sosta prolungata, continuiamo immediatamente entando nel fiordo, dove la vista si fa molto più interessante e le soste per ammirare il panorama aumentano. Brevissima sosta a Risan per un assaggio di mosaici romani, poi vorremo anche fermarci a Perast ad ammirare le due piccole isole antistanti, ma trovar un posto per fermare il pulmino è impossibile così continuiamo fino a Kotor dovendo però rientrare di qualche km a Dobrota perché da dormire c’è posto solo presso un ostello. A piedi raggiungiamo Kotor con sosta pranzo volante prendendo le misure a raznjici e cevapcici. Kotor, città fortezza costruita a ridosso delle montagne è piena di turisti ma non alla maniera di Dubrovnik, quindi molto più godibile. Entrati dalla porte centrale lungo il fiordo (sotto ad una frase firmata da Tito nel 1944…) si inizia la visita perdendosi tra le sue strette e piccole viuzze pedonali. Quando il caldo inizia a scendere salgo (intelligentemente…) all’alto delle mura (oltre 1500 gradini, la parte finale semidistrutta), iniziate nel IX secolo e terminate a inizio XIX per godere una super vista sia della città che di tutto il fiordo: una faticaccia visto il caldo, ma lo spettacolo ripaga ogni sforzo. Per chi decidesse di salire sprovvisto di bevande (la città è comunque piena di fontane), può trovare in due punti degli ambulanti che vendono bibite fresche a prezzi normali, non giocano sulla disperazione. Quassù dove sventola la bandiera montenegrina (che si differenzia da quella albanese solo perché il disegno dell’aquila a due teste è gialla anziché nera) arrivano pochissimi turisti, ci si rilassa in totale tranquillità dalle torme di gente che invadono Kotor e Dubrovnik. Dopo aver goduto di splendide viste della città dall’alto e anche dalle viuzze ci regaliamo una ottima cena, approffitando della temperatura per mangiare all’aperto. Rientro all’ostello dove impazzano i ritrovi musicali, per tentare di dormire tra una canzone e un coro. Percorsi 106km.
La piazza principale di Dubrovnik, sullo Stradun - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
3° giorno
Manca l’energia elettrica all’ostello, la colazione è in uno stanzone stile vecchia Cecoslovacchia ed ovviamente a secco, ma la vista mattutina sul fiordo ricompensa della colazione di basso profilo. Partiamo verso il PN Lov?en, salendo gli angusti 25 tornanti che regalano vedute favolose sulle Bocche di Cattaro. Ci si fermerebbe a ogni curva, ed è una gara coi ciclisti che al loro passo lento ma costante ci sorpassano e vengono sorpassati quando la strada lo consente, visto il passo stretto della carreggiata. Dalla sommità si ammira la vista più ammaliante di tutto il Montenegro, e da lì arrivare al Mausoleo di Njego? è un attimo. Una lunga scalinata porta all’entrata da dove la vista può spaziare sull’intero parco fino al lago di Skadar, comprendendo il monte Lov?en, che sarebbe la montagna nera che da il nome allo stato . L’ingresso al mausoleo è a pagamento ma nei momenti di poca affluenza i guardiani fanno entrare a una visita guidata da loro a offerta libera, a cui non segue il biglietto (biglietti che solitamente son molto belli in qualsiasi parco o luogo di interesse culturale del Montenegro). Njego?, ovvero Petar II Njego? è l’eroe nazionale, colui sotto al quale la repubblica del Montenegro nel tardo 1800 ottenne le vittorie più importanti contro gli ottomani e l’indipendenza, è ancora venerato come il vero e proprio sovrano, troverete a lui dedicate un’infinità di cose. Dal parco Cetinje si raggiunge in pochissimo tempo, nel mezzo di una verde valle sorge quella che fu la vecchia capitale fino a inizio del XX secolo. Più un paese che una città, una grande piazza attorniata da due viali pedonali, tanta gioventù a riempirla e un clima particolarmente rilassato, luogo ideale per far da base ad escursioni in zona. Nel primo pomeriggio dopo aver pranzato all’aperto, come qui fan tutti, serviti da una cameriera splendida, visitiamo alcuni musei, guardiamo l’enorme carta geografica in rilievo del Montenegro e facciamo tappa al monastero dov’è in corso una festa religiosa (ortodossa) tradizionale per poi salire al belvedere. Salita da 5’ non di più, durante la quale incontriamo un anziano abitante qui da oltre 50 anni, scappato dal Kosovo perché già all’ora veniva invaso dagli albanesi. Parla un italiano fantastico imparato dalla televisione, ci presenta la sua visione della divisione tra etnie slave, avendone per tutti ma trovando pregi per ognuna rivendicando però il forte carattere indipendente dei montenegrini al quale dopo tanti anni si accosta. Dopo averci illuminato sui “danni” creati dagli albanesi, ci informa delle fatiche per arrivare a fine mese di oggi, del mercato nero che ogni famiglia mette in atto prendendo quasiasi prodotto dai villaggi di frontiera serbi (lui e la moglie son specializzati in camicie) per rivendere il tutto sulla costa a turisti o abitanti molto più agiati (il turismo sta sconvolgendo l’economia della corta costa) e infine ci lascia dicendo che qui la guerra non è mai arrivata, ma che gli slavi alla fin fine son gente vendicativa e che quindi non si può dare nulla per scontato. Al terzo giorno di viaggio, dopo il manifesto inneggiate a Gotovina e questa dichiarazione, inizio ad assimilare la balcanizzazione non dal vocabolario ma dal vero. Dopo aver visto la parte di città dove un tempo risiedevano le ambasciate, cena in un ristrotante molto lussuoso per il posto, ma qualità ottima. Pernottiamo nell'albergo migliore che incontreremo in Montenegro, dopo un giro per le vie pedonali con musica a volume ben sostenuto e fauna locale femminile da sfilata di moda. Il posto per dormire lo avevamo fissato in anticipo, a Cetinje la disponibilità è limitata sia in hotel/pensioni sia in appartamenti. Percorsi 60km.
La Chiesa di San Luca in Piazza Greca, Kotor - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
4° giorno
Colazione in paese tra panetteria e bar (dove non si trova nulla da sgranocchiare, usanza comune da questa parte dell’Adriatico) sulla via parallela alla pedonale Njegoseva, il tutto per meno di un euro, poi partiamo per visitare il monastero di Ostrog, il luogo religioso più importante del paese. Serve del tempo per arrivarci perché lasciata la strada principale ci si inerpica su di una mulattiera asfaltata che non permette a due mezzi di incrociarsi. Stop al monastero inferiore, rivestito interiormente di bei dipinti, poi a piedi si sale lungo un percorso che taglia il bosco e la strada, molto erto che necessita di circa 40-50’. Il monastero superiore, visibile in ogni immagine che raffiguri il Montenegro, è sorto partendo dalle grotte della montagna a strapiombo sulla valle, l’immagine tutto bianco con merletti, archi e campanile dal tetto rosso spicca in grande risalto, peccato solo che qui ci sia il mondo e la fila per entrare superi abbondantemente l’ora. La mia necessità di misticismo religioso non tollera tanta attesa, così dopo aver rimpinguato la scorta d’acqua alla fontana nella piazzetta antistante, ridiscendo facendo tappa alla chiesa di San Stanko Martire e sosta in rifocillazione presso uno dei tanti ristori, facendomi consigliare da un turista già coi denti impegnato su di una panino tipico del luogo, il tutto assecondato da un buon caffè turco, specialità tipica di questi luoghi che trasmette convivialità. È già tempo per il lungo trasferimento verso il monastero di Mora?a, passando per lo splendido canyon dal medesimo nome. Sosta carburante notando che anche qui i costi sono similari agli italiani, si e no un 10% in meno. Molto meno imponente, ma con affreschi degni di nota, qui facciamo conversazione con alcuni pope del luogo, cioè loro parlano nella loro lingua mettendo ogni 20 parole una in italiano, assecondiamo quando dicono senza però riuscire a comprendere cosa significhi la grande lapide commemorativa riportante infiniti nomi di caduti degli ultimi 2 secoli, fra i quali probabilmente i partigiani di Tito, vista la presenza della stella rossa e le date del 1944. Rientrando facciamo tappa nella capitale Podgorica (l’ex Titograd), la più brutta capitale europea che abbia mai visto. Insignificante, senza nulla da notare se non lo stile da grande periferia moscovita che regala il centro storico, giriamo come dei matti per rimirare la torre dell’orologio e la moschea (con tetto di lamiera ondulata…) nella zona ex ottomana, mentre i tifosi dell’Irlanda bevono fiumi di birra nei bar del centro, evidentemente in attesa della partita nello stadio cittadino situato praticamente nel centro storico. Volendo il giorno prima ci sarebbe stata anche la partita della nazionale di basket italiana, divelta da un Pekovic stellare, insomma il nostro basket esce con le ossa rotte anche da questo micropaese. Unica costruzione degna di nota un ponte in stile Alvar Aalto sul fiume Mora?a. Decidiamo di cenare a Cetinje e rientriamo fermandoci in un posto molto carino ma non proprio attrezzato per cenare visti i tempi biblici, ma almeno la qualità è discreta. Il solito giro delle strade pedonali ci fa pensare che oggi sia nottata libera per minorenni, così prendiamo la via di casa dopo aver percorso nella giornata 254 km, lo spostamento più lungo del viaggio.
La Baia di Kotor vista dalla strada per Cetinje - Archivio Fotografico Pianeta Gaia
BLOGGER
Luca