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7° giorno
Colazione abbondante, a seguire vista della bassa marea sull’oceano con piccole imbarcazioni incastrate da spettacolo proprio di fronte alla pousada, poi via in camioneta attraverso il parco dei Pequenos Lençóis Maranhenses, la prima vera distesa di sabbione del viaggio non intervallata da lagune, percorso che entra nel parco in maniera anomala attraverso uno stabilimento industriale, lasciando la MA315 poco dopo Paulino Neves. Qui le viste iniziano a farsi fantastiche, tra mare e deserto un percorso disegnato tra enormi tronchi con radici direttamente in spiaggia, così fino al villaggio di Caburé, passando per Praia do Barro Vermelho. Caburé si trova in una sottilissima linea di sabbia tra l’oceano e il rio Preguiça, scenario da film. Ci sono alcune strutture su entrambi i lati d’acqua, qui è più ammirevole quello sull’oceano, ma il noleggio dei quad senza necessità di guida locale regala emozioni. Attendendo la barca per proseguire c’è tempo per un’esplorazione, tempo sufficiente per ritornare alla spiaggia con le radici che la delimitano oppure salire a nord fino al termine della sabbia dove mare e fiume si uniscono, i quad sono con cambio manuale e freni inesistenti, poco male se non fosse che svariati rivoli d’acqua attraversano la spiaggia e alle prime occasioni si finisce nel mezzo coperti d’acqua. Qui il fatto che sarebbe vietato entrare in acqua salata pare colto con minore emergenza, se non dire inesistente. Qualche piccola duna è scalabile, ma siamo ben lontani da quanto possibile nei dintorni di Jeri. Quando la barca che fa da traghetto è pronta, in circa un'ora attracchiamo nei dintorni di Atins, ultimo avamposto per l’accesso al parco vero e proprio, villaggio fuori dal mondo, costruito interamente su sabbia (ma sabbia non battuta, tra piccole dune) sparso in un’area non piccola. Un pick-up ci porta alla nostra pousada ben fuori dal villaggio, di proprietà di un francese che ha sposato una maranhiense (lei parla molto bene italiano), una sorta di piccole costruzioni a forma di barca, di gran pregio anche se la gestione non è proprio il massimo. Siamo ben fuori dal centro, se un centro Atins possa averlo, vista la ridottissima ricettività del luogo non siamo tutti nella stessa pousada, i nostri telefoni non funzionano, e il francese, una volta che si siamo sistemati nella “barca”, saluta e stacca il wi-fi. Impossibile comunicare con gli altri presso l'altra pousada, verificata che si trova all’estremità opposta del villaggio proviamo a raggiungerla a piedi, scontrandoci con la particolarità di Atins. Superato il primo passaggio contraddistinto da un campo da calcio che emerge durante la bassa marea e scompare durante l’alta, camminiamo verso il villaggio sprofondando completamente nelle viuzze di sabbia finissima e bianca, impossibile affrontarle con scarpe o ciabatte, ma la sabbia è coperta dagli aghi della vegetazione che la cinge, insomma, un supplizio. Tutti gli indigeni si muovono con mezzi, o quad o pick-up 4x4, impareremo alla fine della giornata che qualsiasi ristorante o pousada ne ha uno a disposizione per gli spostamenti dei clienti. Raggiungiamo il versante opposto di Atins passando per il centro, si potrebbe fare anche via spiaggia ma solo nei momenti di bassa marea, altrimenti l’acqua arriva alle costruzioni sull’oceano, comunque, raggiunta l'altra pousada (qui il wi-fi funziona regolarmente) notiamo nei paraggi un ristorante tipico, dove facciamo tappa per la sera. Probabilmente la scelta più autentica e originale del viaggio, compreso uno splendido riso ai gamberi servito all’interno di ananas giganti, tempi lenti come il luogo invita a fare, poi dopo pure aver gustato un buon caffè (non tutti i ristoranti lo servono a cena), ci offrono il rientro col pick-up risparmiandoci oltre un’ora di cammino nel sabbione, al buio totale per di più. Al rientro in pousada, sempre sconnessi, ma almeno con l’acqua tiepida per una buona doccia, qui acqua non sempre garantita. In cortile ci fanno compagnia alcuni rospi, che sguazzano nel verde mentre sull’esile sentiero che porta fin qui rimangono pozzanghere gigantesche, non sono dovute alla pioggia ma alle maree.
Paesaggio alla Lagoa Capivara
8° giorno
Colazione in pousada buona ma preparata al momento, serve tempo, l’attesa s’inganna sulle amache poste nella parte superiore della costruzione adibita alla colazione, attenzione al cane, morde. Con camionete aperte con più file sul cassone, si parte alla scoperta del Parque Nacional dos Lençóis Maranhenses, un'incredibile distesa desertica intervallata da numerosissime lagune colorate e incantevoli per una dimensione di 270 kmq. Lençóis, ovvero lenzuoli, perché viste dall’alto queste conformazioni danno l’idea di veri e propri lenzuoli, sabbia bianca finissima, tra la foresta e l’oceano, uno spettacolo straniante al massimo livello, un vero e proprio paradiso naturale. Prima tappa al Canto do Atins dove un palo solo al vento fa da riferimento per l’ingresso tra le dune, palo che tra plastiche varie raduna a sé i resti della gentrificazione per dare il via al nulla del deserto. Da qui tappa alla Lagoa Tropical, si può iniziare a vagare tra le dune e le lagune con vista sull’infinito, passaggi che da lontano paiono fattibili si rivelato inaffrontabili se non a costo di nuotare, altri invece si aprono dopo aver scalato dune elevatissime e fini oltremodo, un passo avanti e due indietro. Nozione di tempo persa in partenza, fa caldo ma è talmente secco che girando ore a piedi non si suda, se proprio il caldo prende il sopravvento ci sono le lagune lì appositamente per buttarcisi. L’acqua di quelle attorno alla Tropical tendenzialmente verdi, ma si gira un angolo e si passa ad acque trasparenti. Quando la camioneta passa a riprenderci è tempo per andare in una specie di oasi, tra le palme nel verde sorge la costruzione del celebre (almeno qui) restaurante Don Antonio che deve la sua fama ai gamberi in salsa rosa, per chi ha ancora da smaltire la lauta colazione sono presenti amache all’ombra che invogliano il riposo. Il percorso prevede ulteriori lagune per la giornata, a cominciare dalla Lagoa Capivara, pure qui scaricati nel nulla saliamo e scendiamo in uno scenario che a perdita d’occhio regala solo emozioni. Non si accusa la minima fatica a salire e scendere dune, magari a volte rotolandosi giù fino a incontrare l’acqua di una laguna, questa e le limitrofi meno verdi, più rosse. Non lontano abbiamo un’ultima fermata per rimirarci il tramonto in compagnia di ragazze alle prima armi col kite surf che provano iniziali acrobazie qui in spazi chiusi e non in oceano. Alla Lagoa das Sete Mulheres c’è pure un palo con la bandiera brasileira sfilacciata a far da coreografia a un luogo che non ne avrebbe comunque bisogno. Il cielo inizia a colorarsi di giallo poi rosso, così le acque sottostanti, da spaziosa tribuna naturale fa la cresta della duna più alta per i tanti spettatori qui accorsi. Vicino all’equatore il sole tende a scomparire a velocità elevata, così recuperiamo la camioneta col primo buio, tutta aperta il vento la fa da padrone ancor prima delle 18 quando occorre lasciare il parco, così rientriamo se non infreddoliti almeno non carichi di sole ad Atins. In pousada acqua poco più che tiepida e getto che pare un pianto più che una doccia, ma va bene ugualmente, appuntamento al ristorante non molto distante, 15’ a piedi nel sabbione. Peccato che qui abbiano poca fantasia coi nomi, in realtà il posto non è quello che pensavamo di aver segnato, fortuna che i proprietari sono parenti (o così ci dicono) e con una camioneta ci recapitano a destinazione, il cibo non è male ma esiste il solito problema delle ordinazioni solo doppie, proviamo ad organizzarci, gli orari però qui sono molto anticipati, cercano di farci terminare il prima possibile, devono pure riaccompagnarci alla pousada (non banale arrivarci in autonomia), ad Atins le genti locali vivono legati alla luce solare, per loro alle 22 è già tardissimo, anche per il fatto che alle 5 di mattina già c’è luce intensa.
Il contrasto tra le acque blu e le gialle Dune Vassouras
9° giorno
Solita colazione a ritmo lento, col ritorno del wi-fi tentiamo di trovare un noleggio quad data la mattinata senza escursioni fissate in anticipo. Non si trova nulla, anche la gestrice brasiliana della pousada ci dice che secondo lei nessuno fa più questo servizio, ma indomiti andiamo nel villaggio a tentare. Proviamo presso le rudimentali agenzie turistiche, ma in effetti nessuna lo fa più, troppi utilizzavano in autonomia il mezzo andando ripetutamente nell’acqua salata causando danni cospicui, così il noleggio è stato sospeso, volendo si può andare trasportati, ma in realtà non si esce dalle escursioni già fatte il giorno prima così desistiamo e prendiamo qualche ora di relax in spiaggia nell’area della scuola di kite surf. La spiaggia a metà mattinata partendo da est è raggiungibile passando dal centro di Atins, quindi sabbia, dopo mezzogiorno si può passare dal bagnasciuga, molto meglio, essendo in pieno dì la sabbia ustionante. Il mare non è cristallino, sempre mosso, la sabbia lo rende torbido, ma grazie ad alcuni lembi di sabbia ci sono spazi per immergersi senza patire una risacca eccessiva. La Doce Mar, bar “alla vecchia”, ci fa da riferimento, 5r per bere una noce di cocco e poi mangiarla, oppure 10r per qualsiasi bibita, ombra e relax, forniscono pure qualche lettino interamente di legno, meglio che nulla. Rientrati via spiaggia, alla pousada ci lasciano utilizzare la “barca” fino alle 14 così da sfruttare un minimo di comfort, a piedi raggiungiamo l’imbarco destinazione Barreirinhas, la principale città di riferimento dei Lençóis del sud. Si va risalendo il rio Preguiça con varie tappe, prima delle quali al Farol Preguiças di Mandacaru, dove si può girare con ciabatte/scarpe, ormai dimenticate. Alla sommità del faro si accede dopo 160 scalini, bella la vista che spazia sulla foresta del delta, semplice il villaggio, all’attracco un negozio vende deliziosi ghiaccioli ai frutti più disparati. Altra sosta alle dune di Vassouras, si sbarca rigorosamente scalzi, altro giro spettacolare tra le dune ocra in quest’area tre le due parti del parco, i Lençóis veri e propri ed i Pequenos, tappa da non sottovalutare. Il viaggio in barca continua, risaliamo il fiume che in alcune parti si allarga notevolmente fendendo acque gialle, il tramonto visto qui non è da meno di quello dalle dune. Sbarchiamo a Barreirinhas poco prima del tramonto con la bassa marea, svariati metri sotto al livello stradale facendo catena umana con alcuni abitanti del posto per recuperare gli zaini, poi con una camioneta siamo traslocati alla nuova pousada, un po’ fuori dal centro verso una zona popolare, circa 500 metri a est della grande duna dominante il centro città sul porto fluviale. A piedi rientriamo in centro per goderci una ricca cena sul lungo fiume, gustandoci svariate prelibatezze di mare. Cercando locali per terminare la serata poiché siamo in città una volta tanto, troviamo giusto un posto a mezzo tra rivendita e bar con tavolini quasi in strada lungo Rua Trienta e Um de Março, meglio che niente.
continua...
BLOGGER
Luca