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1° giorno
All’aeroporto di Bologna la fila per il check-in della Turkish Airlines è veloce, più lunga la fila di chi ha fatto il check-in on line e deve consegnare il bagaglio, recupero le carte d’imbarco fino ad Asmara. Pure i controlli sono veloci, giusto il volo tarda, in 2:40 arrivo a Istanbul (servito un buon pranzo, niente schermo a disposizione e niente possibili ricariche di batterie) dove vado direttamente al gate del volo per Asmara senza più nessun controllo. Va solo vistata nuovamente la carta d’imbarco prima del gate mostrando passaporto e visto. Volo puntuale, durata poco oltre le 4 ore, a disposizione uno schermo personale con vari intrattenimenti o possibilità di utilizzare i propri con l’ingresso usb. Servita una buona cena e arrivo puntuale in piena notte in un aeroporto che pare un minuscolo scalo di provincia. Due file per registrarsi, nonostante quella degli stranieri sia corta, il tempo per ognuno è lungo, tante procedure, unica nota, a nessuno è richiesto il libretto sanitario che attesti la vaccinazione alla febbre gialla, indicata obbligatoria. Terminata la registrazione con concessione di una permanenza di 90 giorni, si ritira il bagaglio già sceso dai nastri (di tempo ne hanno avuto…), lo si passa ai raggi X e finalmente si può uscire. C’è però possibilità di cambiare valuta, anche se le scorte di nakfa sono limitate, quindi solo una piccola parte di euro si può qui cambiare. Da segnalare che quest’ufficio è accessibile solo quando si esce, in arrivo no, quindi non pensate di cambiare i nakfa rimasti (che sarebbe reato far uscire dal paese) quando si riparte. Dopo un’attesa di circa un’ora (il volo Turkish ha cambiato orario di arrivo da pochi giorni) gli addetti ci passano a recuperare con un minivan che diverrà il nostro mezzo di trasporto per tutto il viaggio, guasti meccanici compresi. Qualche taxi si avvista all’uscita, va tenuto conto che l’aeroporto apre solo in concomitanza dei pochi voli in programma, alla nostra uscita chiude immediatamente, non ci sono sale d’attesa in quel caso, si aspetta all’aperto, e in piena notte nel vuoto della campagna la temperatura non è amichevole. Arriviamo a notte fonda a destinazione presso un hotel rimediato all’ultimo, la precedente prenotazione l’abbiamo dovuta cambiare perché il governo, senza una specifica ragione, ha chiuso l’hotel, pratica per la quale non c’è da stupirsi. Non centralissimo (20’ a piedi dalla cattedrale) è però un’ottima struttura che a spizzichi e bocconi offre pure il wi-fi con codice che cambia ogni 4 ore, ma una volta agganciato a quello della camera ha una durata maggiore. Camere grandi con salotto di età indefinita, acqua calda sempre disponibile ma non colazione come in realtà avevamo definito, questo però lo impareremo solo l’indomani.
L'edificio Fiat Tagliero di Asmara
2° giorno
Colazione in hotel ma solo perché ritenevamo fosse compresa, per quel prezzo è un furto, data anche la qualità non indimenticabile. Oggi visita città, ed essendo vicina la vecchia sede della Fiat Tagliero, nella parte a sud di Sematat Ave. iniziamo da lì, la costruzione più iconografica del paese, rappresentata nei pochi souvenir reperibili, vedi il negozio di abbigliamento Dolce Vita in pieno centro, il più trend del paese. Vecchia stazione di vendita Fiat a forma di aereo, è oggi in disuso, a fianco la costruzione Irga (Industria Riparazione Gomme Asmara), come capiamo fin da subito i ricordi italiani connotano il luogo, non solo nella capitale ma in pratica in tutto il paese. Risalendo Semetat, schivando i ciclisti che la percorrono ad anello durante una gara ciclistica, si passa davanti al cinema Roma che ora funge sia da cinema sia da sala di proiezione di eventi sportivi, ma il cui bel bar abbellito da una vecchia macchina da proiezione è sede di ritrovo di molti abitanti. Tra le costruzioni che contraddistinguo il grande viale anche quella tondeggiante con finestre ad oblò in cui si trova il bar Zilli, all’epoca posto molto frequentato, ora non come il Roma. Propria a fianco del Roma si taglia per un percorso interno che porta ad alcune residenze prestigiose in una piccola collina, tra le quali l’Hamasien Hotel che pare uscire dai boschi tedeschi e Villa Roma, residenza dell’ambasciatore italiano. Prendendo a nord si giunge in Harnet Avenue, la via principale, quasi di fronte all’imponente cattedrale cattolica, all’interno della quale sorge un istituto teologico e un bel campo da basket. Prendiamo a est per giungere in una specie di anfiteatro naturale cinto da imponenti gradinate nel lato nord, Bahti Meskerem Square, luogo adatto alle grandi adunate governative dove facciamo conoscenza coi caratteristici bus rossi, che più che rossi danno l’idea di essere interamente arrugginiti. Da qui, risalando ancora verso nord solo due isolati, si giunge nel grande spiazzo in salita della cattedrale copta ortodossa Enda Mariam, con le caratteristiche enormi pietre che fungono da campane. Nei paraggi si gioca a dama sfruttando i tappi della birra, la bevanda per eccellenza dell’Eritrea, alcune marche sono ancora prodotte da famiglie italiane, ora però si trovano anche quelle etiopi. Rientrando verso il centro attraversiamo la zona del mercato, oggi in larga parte chiuso perché domenica, a parte la zona del cibo, che vedremo dopo il passaggio alla moschea Kufhala al-Rashidun. Ci dicono che sia visitabile, così entriamo, niente di particolare, poi siamo avvicinati per chiedere spiegazioni della nostra presenza, quando spieghiamo che siamo entrati su indicazione di una determinata persona la discussione si sposta tra questi. Il mercato del pesce è chiuso, nei dintorni sorge anche la Sinagoga di Asmara, ma non trovando un accesso aperto evitiamo di creare problemi come nella moschea. Indubbiamente una grande integrazione, in un chilometro quadrato si trovano tutte le fedi religiose (ci sarebbe anche la greca-ortodossa, che non avviciniamo) e nessun problema, dato l’orario il problema di una sosta e di rifocillarsi non esiste, bar e pasticcerie sono ovunque (meno i ristoranti, difficilmente gli eritrei mangiano fuori, per motivi economici soprattutto) e ci fermiamo al City Cake Cafè che tra le varie cose serve splendidi makiato. Sempre lungo Harnet sorge il cinema Impero, contraddistinto dalle solite finestre a oblò, ancora operativo e con all’interno un piccolo caffè, facciamo tappa anche al Teatro dell’Opera, sito sopra a una scalinata in bella posizione, con le arcate esterne che fungono pure qui da caffè letterario e da wi-fi point. Per visitarlo però ci dicono di ripassare l’indomani quando il gestore dovrebbe essere presente. Quasi di fronte si trova un Western Union dove velocemente si possono cambiare soldi in nakfa, necessario il passaporto o una scansione (anche su smartphone), qui non ci sono importi limite, ma evitate di cambiare cifre elevate, non potendo portarli fuori e faticando assai a riconvertirli meglio essere sempre misurati. Lentamente, percorrendo la parte finale di Harnet e quella nord di Sematat, rientriamo in hotel per definire alcuni aspetti del viaggio con la responsabile dell’agenzia. Poiché oggi, domenica, non ci hanno rilasciato i permessi per la prima uscita da Asmara, cambiamo il programma che avevamo pensato, resteremo in capitale anche l’indomani, evitando di perdere tutta la mattinata nell’attesa dei permessi, rifacciamo il piano che verte attorno alla disponibilità della barca per raggiungere l’arcipelago delle Dahlak. Riusciamo a far combaciare tutto quello che avevamo previsto, o almeno così dovrebbe essere, perdendo giusto il mercato del lunedì dei dromedari a Keren. Doccia calda, e qui vista la temperatura che si prospetta di sera e quella nella hall dell’hotel è un bell’andare. Per cena, poiché i ristoranti non è che siano tanti, seguiamo un’indicazione di alcuni locali e andiamo in un ristorante non distante dalla Fiat Tagliero. Era stato chiuso alcuni anni fa dal governo, ma poi ha riaperto, si trova al primo piano di un grande stabile, ha una scelta molto ampia di piatti e stranamente tutto disponibile, avendo a che fare con stranieri sono loro a chiedere per ogni piatto se lo si vuole piccante alla loro maniera o meno, e tutti i piatti con injera, se così accompagnati o col pane. A differenza dell’Etiopia, i piatti all’italiana si trovano con facilità, la pizza è quasi una tradizione e ci viene servita come antipasto gentilmente offerto, mangiabile. All’uscita fa freddo, soprattutto il vento si sente, l’escursione termica è di oltre 20°. Rientriamo camminando tranquillamente in una città serena dove le strade sono piene di pedoni e ciclisti, quasi che i motori siano banditi.
Il pittoresco mercato di Medebar
3° giorno
Colazione con ottime paste e splendidi e squisiti caffè o makiati, proprio di fronte alla cattedrale cattolica che oggi visitiamo a fondo durante le prove dei bambini per la rappresentazione natalizia, durante la quale tutti parlano italiano. La meta è il mercato centrale che raggiungiamo dopo aver attraversato il mercato del pesce (piccolo e quasi interamente vuoto), che si svolge sia tra i capannoni coperti nelle vie tra Eritrea e Adi Quala, ma anche sui marciapiedi. In questi ultimi robivecchi principalmente, ma anche ogni sorta di oggetti da noi ormai dimenticati, volendo si trovano “ricambi” per qualsiasi prodotto obsoleto, nei capannoni invece dall’abbigliamento ai prodotti lavorati in vimini, ma in realtà nulla di particolare. La vera chicca di Asmara è il mercato Medebar, più a nord-ovest all’interno di un antico caravanserraglio. Quattro vie fuori dal centro e ci si trova in un mondo arcaico, la gente si muove chiedendo un passaggio su carretto targato trainato da cavallo o asino, una volta entrati lo spettacolo è incredibile. Subito si viene avvolti dagli effluvi del peperoncino che decine di donne pestano assieme ad altre spezie, si battono i cereali e si portano alle poche macchine collettive per setacciarli, in una specie di grande comune dove ognuno contribuisce al bene collettivo. Coloratissimo e a suo modo festoso, la parte posteriore invece è l’arte della lavorazione e ripresa della lamiera. Qui nulla si butta, anche l’ondulato sottocoppo ha un suo riutilizzo, spianato e tagliato a dovere prende forma per la base di un fornello tipico, sul quale di norma è messo a tostare il caffè assieme al mais per il pop-corn, il caffè è un rito irrinunciabile, sempre che abbiate il tempo per la lunga procedura. Si salda qualsiasi cosa, le norme di sicurezza non esistono, si aggiustano scarpe che paiono impossibili da sistemare, in generale è uno dei mercati più affascinanti che abbia mai perlustrato, anche se in realtà non c’è nulla da comprare per un viaggiatore, se non una scorta di peperoncino in formato maxi. Rientrando nella modernità della capitale ci imbattiamo come ieri nel City Cake Caffè e tanto vale fermarci per una sosta poco dopo mezzodì, percorrendo Harnet ripassiamo dal Teatro dell’Opera e dopo lunga conversazione col gestore (che ovviamente sfoggia un italiano impeccabile) riusciamo a visitarlo, prima però bevendo un tè caldo in sua compagnia col solo impegno di far passare il tempo senza faticare. Entriamo dal retro approdando direttamente in palcoscenico, struttura che come quasi tutto qui data 1920, mantiene sedie di legno in pessime condizioni ma un fascino antico che sa di storie e leggende. Ora è lui che non ci farebbe più andar via, ringraziamo e prendiamo la via limitrofa per passare dall’ex cinema Odeon, struttura in non buone condizioni e in effetti ora chiusa. Rientriamo in hotel attraversando la zona “dei villini”, una sorta di area bene della capitale, un intreccio di strade che ci permette di arrivare dal lato opposto rispetto alla via principale, passando da una piazza all’incrocio tra Dogali e Fred Hollows dedicata all’Alfa Romeo, con quelle costruzioni tipiche tondeggianti e finestre a oblò che fanno tanto anni ’20 e colonia. Per cena, su consiglio della proprietaria dell’agenzia, andiamo presso un’abitazione privata per una cena oltre che abbondante. L’energia elettrica va e viene, ma nessun problema, i cinesi hanno rifornito gli abitanti di lampade da inserire nei lampadari che alla mancanza dell’energia elettrica funzionano ugualmente in emergenza, meno luce ma niente buio, questo anche per svariate ore, verificheremo in seguito che non esiste mercato che ne sia sprovvisto. Per raggiungere la casa, la signora ci accompagna in auto, è fuori dal centro ma soprattutto in un toboga di viuzze indecifrabile, al buio totale e su sterrato. Al termine, satolli, ci facciamo accompagnare in centro città, per chi vuole c’è la messa di Natale, prima quella inglese a seguire quella italiana, per chi preferisce gustarsi la “vasca” degli eritrei si può girare la via principale come fanno la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze di Asmara, ai quali scambiare due chiacchiere con uno straniero fa un gran piacere, anche se avranno comunque timore a parlare della situazione del paese dopo poche parole con uno sconosciuto che potrebbe metterli in difficoltà. Italiano o inglese, i giovani in pieno centro parlano senza grandi problemi, se volete interagire senza intermediari occorre farlo qui, fuori dalla capitale senza l’apporto della guida è raro che accada.
continua...
BLOGGER
Luca