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Namibiade - VII

Diario di un lungo e approfondito viaggio in Namibia

 

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25° giorno

Caldo già di mattina, colazione e via lungo i disastrati sentieri del Mamili National Park, godendoci i passaggi su precari ponti e tra una vegetazione da fitta foresta, quando arriviamo a Wuparu è come se fossimo usciti da un mondo sconosciuto e ancora intonso, senza guai al pick-up, preoccupazione principe visto che qui non c’è possibilità di comunicare con nessuno. Ci sono varie comunità locali in recinti ben tenuti, in confronto al luogo da dove arriviamo noi una civiltà sviluppata e organizzata, ritorniamo sulla C49 (denominata anche M125) che percorriamo in direzione est, la strada ha qualche punto ancora da rifinire ma si può percorrerla comunque tutta su asfalto. Incontriamo un altro check point veterinario e anche qui occorre passare alla disinfestazione di auto e scarpe, sempre con inservienti tranquilli e socievoli, nei dintorni si troverebbe l’area che un tempo costituiva il lago Liambezi ma ora questo specchio d’acqua si è asciugato e non esiste più, così decidiamo di non seguire l’escursione che sarebbe da fare una volta tornati sulla D3514 poco prima di immetterci sulla B8. Da qui raggiungere Katima Mulilo è questione di pochi cjilometri, arriviamo alla fine della Namibia, oltre 1250 km lontani da Windhoek, antico avamposto nella foresta da poco tornato alla normalità. È l’incontro dei tre confini, Namibia, Zimbabwe e Zambia lungo il placido scorrere del fiume Zambesi che a poca distanza da qui da vita alle spettacolari cascate Vittoria. Non avevamo previsto di arrivare fino a qui, non siamo in possesso della documentazione per oltrepassare il confine così non possiamo raggiungere le cascate (anche per un viaggio organizzato non c’è più tempo), decidiamo di far comunque tappa in città fermandoci allo splendido Protea Zambesi Lodge (piazzole nel verde a bordo fiume, vari servizi igienici, forniture di acqua ed energia elettrica, accesso a bar e servizi del lodge tra cui la terrazza sul fiume, wi-fi e computer a disposizione, piscina) dove prendiamo posto alla solita maniera con tavolo e sedie per andare subito a visitare la città avvolta da una temperatura elevatissima. Se un tempo le strade erano terra per elefanti, la situazione in 10 anni è cambiata enormemente, centri commerciali, mercati, distributori e banche, qui arrivano in massa soprattutto dallo Zambia per comprare di tutto, quindi la città è molto viva e vi sono anche vari punti di partenza per piccoli van e grandi pullman che servono molte destinazioni verso sud e ovest. L’attrazione principale è data dal Caprivi Art Center, gestito da un’associazione culturale locale, propone opere prevalentemente in legno di artisti del luogo, ognuna porta una targa identificativa di chi l’ha realizzata, il nome apportato e un prezzo non trattabile. Prezzi non bassi, in seguito troveremo di meglio, ma queste opere vengono identificate una a una come prodotti qui da artisti veri e propri mentre la maggior parte della produzione che si trova ovunque è made in Zimbabwe, come in tanti ci tengono a sottolineare. L’Art Center si trova all’interno di un gran mercato cittadino, la parte che espone abbigliamento è poco interessante, la parte del cibo molto più caratteristica, soprattutto quella del pesce in varie metodologie conservative, da piccoli pesci di qualche centimetro a imponenti pezzi da oltre un metro. Il tutto in condizioni espositive molto buone, saremo lontani dalla capitale e dalle città più ricche ma rimaniamo in un’Africa molto sviluppata. Tanto altro non c’è da vedere considerando pure il caldo elevato (35° passati con facilità), proviamo ad andare a rimirare il grande ponte che unisce la Namibia allo Zambia ma si trova oltre il nuovo complesso di confine e non riusciamo ad avvistare questo importante collegamento perché il fiume scorre in mezzo ad una fitta foresta così rientriamo in campeggio e ci prendiamo una pausa sfruttando per una volta come si deve la piscina, bella ma poco frequentata. Cena come sempre da campo e poi utilizziamo bar e terrazza del lodge sullo Zambesi (anche perché a bordo fiume c’è un bel cartello che dice pericolo coccodrilli ed ippopotami), maestoso fiume che scorre dolcemente, mentre i ruggiti degli ippopotami si odono in lontananza coperti in parte dalla musica che arriva dall’altra parte del confine, suoni di festa che imperversano a lungo, evidentemente in Zambia si festeggia alla grande. Dopo aver sfruttato a dovere il funzionamento del wi-fi del lodge (peccato funzioni nella zona reception poi pian piano si attenui fino a scomparire proprio in terrazza) è ora di dormire in previsione di una dura giornata a seguire con chilometraggio ed escursioni importanti. Percorsi 147 km, prima parte in pessime condizioni a seguire ottimo asfalto e pochi animali a disturbare il viaggio.         

 

Ippopotamo nel Mamili National Park, Caprivi Strip

 

26° giorno

Colazione da campo, usciti dal campeggio approfittiamo della città per far spesa e rifornimento (sempre e solo contanti) e lasciamo Katima Mulilo imboccando la B8 fino al passaggio sul fiume Kwando oltrepassato il quale vi è un nuovo controllo veterinario, questo il più dettagliato di tutti, ci hanno perfino fatto aprire il frigo ma poi notando la carica di birra e acqua non hanno investigato su cosa contenesse la parte inferiore, ovvia disinfestazione poi qualche centinaio di metri dopo prendiamo la deviazione a sinistra per il Kwando Core Area, alla reception ci si registra (rari avventori), ci viene lasciata una mappa ben poco descrittiva dove l’addetta segna alcuni dei luoghi di maggior interesse, Horse Shoe e un view point non molto lontano dall’entrata, le indicazioni riguardo ai percorsi da tenere sono vaghi, 4x4 con pianale alto e il consiglio “andate dove vedete”, molto vago ma azzeccato. La prima parte del sentiero mette subito a dura prova il mezzo, sabbia e radici, ma almeno una via c’è, continuando i sentieri diventano molteplici, dettati più dall’intraprendenza dei precedenti avventori che da indicazioni vere e proprie. Più che un safari tra animali il giro diviene un’escursione nella foresta legata al caso, prendiamo per buono che si vada a sud sperando a seguire che andando a nord si esca dal parco. Ad un certo punto un piccolo cartello indica il Nambwa Camp Site, decidiamo di fare una sosta anche solo per capire come muoverci, l’inserviente è felice come non mai di trovare gente da queste parti, ci mostra tutte le piazzole del camp, specificando come le migliori siano quelle a bordo fiume dove gli ippopotami salgono e scendono, ben visibili le impronte, il camp è effettivamente molto bello e tutto ecologico, del resto impossibile portare qui energia elettrica, acqua ecc… tutto si ricava e ricicla sul luogo. Nessun avventore, nemmeno noi ci fermeremo, anche se potendolo prevedere in anticipo sarebbe stata un’ulteriore esperienza nella natura assoluta. A braccio ci fornisce altre indicazioni su come muoverci ma lasciano il tempo che trovano perché già dopo nemmeno un chilometro (che qui richiede lunghi tempi di percorrenza) le diramazioni del sentiero sono molteplici sia per aggirare grandi pozzanghere sia per andare chissà verso quali destinazioni non note. Arriviamo a Horse Shoe, un grande ferro di cavallo ripieno di acqua che serve agli animali per abbeverarsi, anche se in questo momento non particolarmente frequentato, continuiamo alla meno peggio imbattendoci in un branco di avvoltoi per continuare verso sud perdendoci nella vegetazione che in alcuni momenti sovrasta i finestrini e impedisce di trovare tracce di passaggi precedenti. Continuiamo così a lungo, persi verso l’ignoto, unico riferimento la memoria fotografica per comprendere se fossimo già passati in alcuni di quei luoghi, dopo un lungo peregrinare ci imbattiamo in una grande pozzanghera dove se ne sta a mollo un gigantesco ippopotamo. Lo osserviamo, e mentre noi osserviamo lui, lui osserva noi, però rimane immobile e così la nostra voglia (o stupidità, vabbè…) di vedere questo enorme animale in movimento prende il sopravvento, così a motore acceso e marcia inserita iniziamo a produrre rumori per disturbarlo ed effettivamente inizia a muoversi e inquadrarci così da poterlo fotografare al suo meglio per poi riprendere il cammino quanto prima rientrando ma del tutto casualmente verso Horse Shoe dove un altro ippopotamo sta giocando con un grande uccello sulla schiena, quelle immagini che fanno tanto documentario ma che solitamente non si propongono mai dal vivo. Invece qui è prassi normale, ci fermiamo a lungo fino a quando l’ippo si stanca e scarica brutalmente l’uccello, nel dubbio che voglia uscire per venirci ad importunare continuiamo nell’esplorazione tra giraffe ed elefanti che diventano padroni del parco, con incursioni di facoceri ed antilopi tra cui la grande roana. La presenza degli elefanti va però infittendosi, un passaggio nei pressi del fiume Kwando diventa complesso, giù al fiume sono un numero incredibile giocano o si scontrano ma notiamo che altrettanti stanno arrivando dalla foresta per entrare nel fiume col solo inconveniente che la nostra via, unico modo per uscire da qui, corre nel mezzo. Pian piano avanziamo, non sembrano pericolosi ma sono centinaia e centinaia e hanno i piccoli, date le dimensioni anche il forte pick-up è uno scherzo per loro ma a lungo non costituiscono un problema. Quando sembra che abbiamo preso confidenza con queste gigantesche mandrie, perché sono più gruppi gli uni slegati dagli altri, ad un certo punto uno di questi s’imbizzarrisce, si volta, alza le imponenti orecchie, inizia a barrire e muove le zampe. Non avendo vie di fuga perché abbiamo elefanti in ogni dove a pochi metri, la sensazione di pericolo imminente è adrenalina pura, siamo in totale balia del suo volere, ci butta bene perché non parte alla carica forse perché un suo piccolo parte di corsa in altra direzione, belli sudati e senza aver avuto il sangue freddo di fotografare il momento della tentata carica (potrei dire che era perfettamente di fronte e col vetro nel mezzo la messa a fuoco non era ottimale…), ripartiamo per trovare l’uscita passando di nuovo in mezzo a elefanti, giraffe e antilopi, evidentemente nel loro momento di abbeverata nonostante siamo ancora lontani dal tramonto. Facciamo sosta al view point, da una collina prossima al fiume, e anche qui scorgiamo centinaia di elefanti approcciarsi al fiume ma in distanza, proprio qui incontriamo gli unici avventori di giornata, guadagniamo l’uscita ma dato l’orario non riusciamo a passare nella zona nord, dove avevamo fatto una veloce incursione all’andata e immaginato di passarci al ritorno, purtroppo sbagliando i tempi. Imbocchiamo la B8 verso ovest attraversando nuovamente la Caprivi Strip e facciamo base per una volta ancora al Nunda Lodge giusto in tempo per l’ormai classico tramonto da cielo infuocato sull’Okavango e ippopotami urlanti. Cena al campo dopo giornata particolarmente intensa, percorsi 385 km, la parte nel parco in condizioni pessime, senza vie da seguire, quella su asfalto come in precedenza ottima ma con animali vaganti, verso l’ora del tramonto ancora più del solito.            

 

Circondati dagli elefanti, Caprivi Strip

 

27° giorno

Colazione al campo e poi via per una giornata prettamente di trasferimento, rifornimento a Divundu e tanto asfalto verso Grootfontein con paesaggio che pian piano varia completamente. Lungo la strada nessun paese ma tanti villaggi tutti con scuole e pronto soccorso, la presenza delle scuole limita la velocità ai 60 km/h, ci era stato detto che in questo tratto di strada la presenza della polizia coi tele laser è assidua, non ne incontriamo probabilmente perché in questo periodo è tempo di vacanza e le scuole non sono aperte. Prima di giungere in città attraversiamo nuovamente la red-line, di fatto entriamo in un’altra Namibia, quella gestita dai bianchi, come potremo ben comprendere nel campeggio dove facciamo tappa. Ci giriamo la cittadina ma l’unica attrattiva, il forte&museo, ha orario ridotto e non riusciamo ad accedervi. Cerchiamo un camp nei paraggi e ci imbattiamo pochi chilometri fuori nel mezzo del bush lungo la D2848 nel Maori Camp, gestito da un tedesco che più tedesco non si può. In Namibia chiunque persona s’incontri butta sempre lì un “how are you”, quindi dopo svariati giorni anch’io ho preso quest’uso sempre ricambiato da saluti, strette di mano, sorrisi, qui invece vengo rimpallato con un “it’s for black people” , e già questo dovrebbe essere un’avvisaglia del soggetto. Provo a chiedere se ci sia posto nel camp (presenti ZERO avventori a vista…), il tipo inizia a parlare a lungo in tedesco e basta, ci mette giusto 3 parole 3 in inglese per indicare il costo ma niente di più, dice di buttare qualsiasi cosa dove vogliamo tanto ci sono le donne a fare i lavori, poi inizia una prosopopea sulle sue origini tedesche assimilando il luogo ad una città che io non conosco ma che assolutamente dovrei, alla fine di questa tirata spiega sempre in 3 parole 3 di inglese che è la città di Vettel (sorry, ma non seguo tanto la F1) e che hanno discendenze comuni, almeno mi par di comprendere e mi compiaccio per stringere i tempi, prendiamo posto alla solita maniera nonostante non ce ne sia necessità, poi lasciamo questa fattoria per andare alla ricerca del più grande meteorite mai caduto sulla terra. Raggiungere l’Hoba Meteorit è semplice, uscendo da Grootfontein verso Tsumeb lungo la C42 dopo nemmeno un chilometro si svolta a sinistra per la D2859 che su sterrato in ottime condizioni corre in direzione ovest-sud/ovest per circa 25 km. Il meteorite è indicato, alla reception si paga l’ingresso e dista pochi passi. Questo masso di provenienza celeste fu rinvenuto da un cacciatore nel 1920 ma l’indicazione precisa di quando arrivò è ancora dibattuta. Non è una roccia gigantesca, parliamo di 5x4x2, ma pensare al botto che avrà fatto mette inquietudine. Principalmente ferro con nickel, peso indicativo sulle 54 tonnellate, ci si può salire ma magari evitare le incisioni ed i tagli che molti hanno fatto, del resto il meteorite non è presidiato. Da qui rientriamo al campeggio, non è prevista illuminazione se non alcuni resti di candele, il proprietario insiste nel venderci carne di animali locali oltre alla legna per il braai ma occorrerebbe troppo tempo e decliniamo, mi accende pure il wi-fi dicendomi solo l’indomani che costa 30$. Cenato e lavato le stoviglie alla luce sole delle nostre torce prendiamo posto in tenda, in una serata particolarmente ventosa ma calda. Percorsi 512 km, quasi tutti su asfalto, i circa 70 su sterrato in ottime condizioni.     

 

Il meteorite di Hoba

 

28° giorno

Terminata colazione l’astioso tedesco vuole mostrarci all’interno di una torre che svetta nella fattoria tutto il suo artigianato proveniente in massima parte dallo Zimbabwe, oltre a riprovare a piazzarci i tranci di carne surgelata, ma è talmente sgodevole che anche di fronte a qualcosa d’interessante desistiamo e partiamo quanto prima per la meta di giornata, il Waterberg Plateau, grandioso altipiano di arenaria situato in prossimità del Kalahari. Prendiamo la B8 in direzione Windhoek e dopo 45 km si svolta a sinistra per la D2512 che nel primo tratto riporta anche la dicitura D2804, a un bivio questa prende a destra mentre continuando non ci sono più problemi di numerazione. Si attraversa il terreno di molteplici fattorie, ogni volta occorre aprire il cancello che le separa e ovviamente richiuderlo, in lontananza il Waterberg si scorge con facilità, un mattone rosso nel cuore del verde che lo circonda. Per accedervi si può andare presso alcuni lodge privati o più semplicemente entrare dall’ingresso principale Bernabe de la Bat dove si giunge al visitor center che funge pure da reception per il campeggio (piazzole da condividere con facoceri per nulla intimoriti, allacci per acqua ed energia elettrica, bagni con grande lavanderia e piscina ma molto lontano da qui). Alla reception si può prenotare l’escursione sul plateau in quanto non è possibile accedervi in autonomia (4 ore circa e bevande comprese, tutto pagabile anche con carta), se non a piedi con giri di più giorni. Prendiamo posto in una piazzola anche qui col solito metodo tavolo&sedie ma in pratica il campeggio è vuoto, poi avendo tempo iniziamo a percorrere i sentieri nei paraggi che però non permettono di avvistare nessun animale e nemmeno sono particolarmente interessanti dal punto di vista della flora. Rientrati partiamo con un mezzo dedicato e una guida/autista all’escursione dell’altipiano, siamo in pochi quindi la visuale è libera in qualsiasi lato, si esce dal parco perché l’ingresso si trova molto più a nord-ovest, sul cammino principalmente babbuini, tanto temuti dalla popolazione locale fin dal primo accesso ai campeggi perché abili borseggiatori di qualsiasi cosa, cibo in primis. L’irta salita è lungo un passaggio su blocchi di cemento, in corrispondenza dell’accesso vero e proprio ci si ferma ad un punto panoramico dominante l’infinito verde della pianura, poi ci si immette su sentieri sabbiosi oltremodo, e comprendiamo il perché di un mezzo dedicato. Qui le guide sanno dove andare poiché esistono più punti di avvistamento mimetizzati, mentre procediamo giraffe, kudu, alcefali, ci tagliano la strada, ma si procede lentamente quindi nessun problema, dopo aver vagato su questi sentieri ci fermiamo ad un primo posto di avvistamento, un lungo toboga che porta a un capanno mimetizzato con sottile finestra da cui vedere gli animali che si abbeverano e mangiano sale, qui principalmente giraffe, bufali africani ed antilopi, tra cui l’alcina e la roana. In seguito giungiamo ad un secondo punto per avvistamento dove gli animali sono numerosissimi e pure qui esiste una priorità per abbeverarsi e nutrirsi col sale con le grandi giraffe al termine del ciclo tanto da allontanarsi per recuperare erbe dagli alberi più lontani. I bufali lottano per leccare una piccola roccia ed attorno a questa giostra la loro giornata, hanno corna di dimensioni imponenti anche se non si vedono usarle per farsi largo, quando lasciamo questo capanno ci giriamo un’altra parte del plateau tutto avvolto da fitta foresta per rientrare al camp dopo quasi 4 ore di escursione. Serata ventosa ma non abbiamo problemi nel preparare il fuoco perché ogni piazzola è dotata di barbecue e quindi riusciamo a disporre il nostro fornello in luogo idoneo. Nonostante il vento temperatura buona. Percorsi 162 km, in larga parte su sterrato in ottime condizioni.

 

continua...

 

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