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13° giorno
Ovvia colazione presso la panificadora S. Cruz (il miglior posto per far colazione del viaggio, oltre ad essere nettamente il migliore per qualità/prezzo) e poi visita della città, partendo dalla Mina Eden, la maggior fonte di ricchezza della città. Si trova a fianco della funicolare sul Cerro del Grillo, ma si può accedere anche dall’entrata a sud-ovest, apre alle 9:30, e infilati cuffia igenica e caschetto parte la ricognizione a una vena aurea che ha fatto la fortuna soprattutto della Spagna, per i messicani è stata più una forma di morte precoce di tanti lavoratori che un reale guadagno, anche se la ricchezza portata alla città è sotto gli occhi di tutti. Si scende in ascensore per 40 m poi tra ponti e passaggi nella roccia inizia l’esplorazione di una miniera attiva fino al secolo scorso, hanno fermato i lavori solo perché con l’ingrandirsi della città le esplosioni sotterranee per aprire nuove vie erano diventate troppo pericolose. Spettacolo bellissimo, laghi d’acqua incantata si stagliano tra colorazioni svariate, crepacci, buche, pericolanti ponti si intersecano di continuo, poi raggiungiamo il versante ovest dove c’è anche l’accesso alla discoteca, l’unica al mondo all’interno di una miniera, dove per motivi si sicurezza è stato installato un ripetitore telefonico (se avete un cellulare qui potete usarlo anche se vi trovate quasi 100 m sottoterra). Al termine c’è il museo della miniera dove sono raccolte le pietre e i cristalli più incredibili non solo del Messico ma di buona parte del mondo, non manca un negozio di souvenir, nel caso vogliate approffitarne. Con un trenino si viene portati all’uscita ovest dove a piedi facciamo il percorso inverso per andare all’accesso della funicolare e raggiungere il Cerro La Bufa. Il viaggio di sola andata costa 30 p, è spettacolare la vista della città da sopra ma soprattutto la splendida vista che si gode dall’osservatorio in cima al cerro. Qui oltre alla vista si trovano un mercato, una chiesa, la piazza degli eroi con al centro la statua di Pancho Villa a cavallo, la cappella degli uomini illustri di Zacatecas e il museo della presa della città ad opera ovviamente di Villa. Si può scendere anche a piedi e così decidiamo di fare, arrivando proprio dietro al palacio del gobierno dove nella piazza antistante si trova una pista da pattinaggio su ghiaccio che è la grandissima novità del natale 2010, paradiso dei bambini ma non solo. Salendo sull’altro versante si trova il grande e completissimo Museo Pedro Coronel, un'incredibile collezione di opere d’arte dove emergono perle di Picasso, Matisse, Mirò e infiniti altri, oltre a statue e oggetti a rappresentare le tradizioni del mondo intero. Imperdibile, occorrono almeno 2 ore per vederlo in maniera decente, ma sono un ottimo investimento. Da qui continuiamo per il convento francescano e il museo delle maschere, che sono una delle caratteristiche principaLi dello stato e che qui si trovano in almeno un migliaio di tipi distinti. Purtroppo il nostro tempo a Zacatecas sta scadendo, non ci rimane che recuperare gli zaini all’ostello e col bus n° 8 andare al terminal dove con un pulman partiamo per Los Mochis. È un bel bus directo con solo 3 soste, la prima a Durango dove abbiamo a disposizione 20 minuti per cenare, ci buttiamo sul primo comedor dove per una torta jamon y queso amarillo (un panino con prosciutto cotto e sottiletta), un hambuguesa con queso, una coca e un caffè si spende l’irrisoria cifra di 45 p. Tralasciamo il fatto che torta e hamburguesa siano indistinguibili, anche averli ingoiati ai mille all’ora per non perdere il bus è un fattore che depone contro questa comida. Il viaggio notturno non prevede però il riscaldamento, e oltre quota 2.000m anche se all’interno di uno splendido bus fa freddo, così la coperta dell’Iberia ha un suo giustificatissimo perché. Fortunatamente le continue visione di film a un certo orario vengono stoppate e si può dormire o almeno cercare di farlo.
Un'immagine protettiva nella Mina El Eden
14° giorno
Primo stop a Mazatlán (dove avviene il primo cambio orario del viaggio), altro stop a Culiacán dove abbiamo il tempo di far colazione all’interno del terminal (prezzi in genere piuttosto alti in tutti i negozietti peraltro simili), e infine arriviamo a Los Mochis dove una temperatura per noi quasi estiva ci accoglie. Sacrificando lo spirito dei viaggiatori “scomodi” ci facciamo portare in taxi (il cui prezzo sa di furto) in un albergo che prendiamo dalla Lonely Planet come il migliore per qualità/prezzo della città. In effetti per i nostri standard l’hotel Fenix è di un altro pianeta ma non abbiamo neanche il tempo di appoggiare gli zaini che occorre già organizzarsi per il treno del giorno seguente. Dopo aver ricevuto info contrastanti sulla presenza del treno per la Barranca del Cobre dell’indomani decidiamo di andare alla stazione e fissare il tutto subito. Questa rimane fuori dalla città direzione sud, ma ci si va in bus e arrivati apprendiamo che il servizio di seconda classe l’indomani non ci sarà così siamo costretti a prendere la primera ad un prezzo non proprio economico, poi torniamo in città per visitarla, ma Los Mochis non ha proprio nulla da offrire. Le cose più interessanti sono i bar per i bevitori locali, quelli veramente uno spettacolo, come del resto i bar stessi dove per entrare occorre aggirare il muro dell’entrata che non permette mai agli avventori di vedere chi ci sia dentro. Parecchi sono anche i bar con streep-tease, ma hanno stampato in faccia il simbolo di fregatura, poi volete mettere una conversazione con personaggi del luogo che non riescono nemmeno ad immaginare dove sia il luogo dove viviate e se lo fanno spiegare mille volte continuando a dire stupefatti, che siete lontanissimi da casa! Los Mochis è scarsissima anche in fatto di ristoranti e così dopo aver fatto scorta per la colazione dell’indomani alla in una pasteleria ci ricordiamo che all’interno dell’hotel pare esserci un dimesso ristorante. E in effetti così è, ci rifugiamo in questo posto e in breve si riempie, evidentemente anche per la popolazione locale le alternative sono poche. Cena a base di pesce, io che solitamente disprezzo i ristoranti degli hotel per questa volta devo ricredermi.
Bimba Tarahumara
15° giorno
Sveglia ore 4:30, in taxi chiamato dalla portineria dell’hotel (una sciccheria a cui non sono abituato) raggiungiamo la stazione del Ferrocarril Chihuahua Pacífico (Chepe) che sale e scende dalla sierra passando su di un percorso con ponti, gallerie e l’incredibile anello di El Lazo. Occorre arrivare un’ora prima della partenza anche in questo periodo di certo non particolarmente affollato, ne approffittiamo per far colazione e per prenderci un caffè dai venditori locali parcheggiati nei pressi della stazione, la partenza è puntuale e ben presto ci si accorge che il viaggio è lento per godersi lo spettacolo della natura. Ma dopo aver passato la località di El Fuerte le condizioni climatiche peggiorano e dopo aver visto solo sole dall’inizio del viaggio le nuvole hanno la meglio e salendo ci coprono la visuale togliendoci lo spettacolo del viaggio. Così quella che doveva essere una delle esperienze più galvanizzati del viaggio si rivela un'ascesa nella tormenta, starsene a fotografare negli interspazi tra una carrozza e l’altra (dove si possono aprire i finestrini) è una lotta col vento e il ghiaccio e comunque non si vede praticamente nulla. A Posada Barrancas facciamo una lunga sosta per dar il cambio al treno che scende, mentre i locali Tarahumara si accostano al treno cercando di vendere il loro artigianato, guardati a vista dalla security del Chepe muniti di mitragliatori che fan paura. Riprendiamo il lento viaggio per arrivare a Divisadero, unico luogo dove scorgere l’incredibile Barranca del Cobre vera e propria, ma il tempo non aiuta e allora l’unico senso della sosta è quello di mangiar qualcosa al mercato del posto. Salendo le condizioni peggiorano ancora, entrando e uscendo dalle gallerie de El Lazo si inizia a scorgere la neve, che puntuale ci attende all’arrivo a Creel dove giungiamo con oltre un’ora di ritardo dopo 12 ore di viaggio. Freddo, neve e vento, quando eravamo partiti con un clima estivo, l’impatto è forte, per fortuna quassù (2.350 m) ci sono svariate persone che ci offrono un alloggio, così dopo aver trattato al ribasso ci affidiamo a un ragazzo che fa servizio per il Real Chapultepec, dove veniamo accolti con una caldissima tazza di caffè. La stanza è dotata di stufa a gas e doccia bollente, quando usciamo la neve ha già coperto le strade e ripariamo velocemente in un ristorante dotato di caminetto e dove si può provare una specialità locale come El Norteño, con pollo, formaggio, tortillas e altre verdure, dopo di una zuppa di funghi bollente che rimette in sesto. Creel è il primo luogo del viaggio dove si incontrano parecchi turisti, sembra un posto a parte in cui si sentono tante lingue differenti, tutte pronte a cogliere i momenti di bel tempo per avventurarsi nei cañones locali. Al momento ci si arriva praticamente solo col treno, c’è anche la possibilità del bus, ma da Chihuahua, da Los Mochis occorrerebbero 2 giorni. È in via di costruzione un aereoporto per facilitare l’accesso alla zona, i Tarahumara non ne saranno particolarmente contenti, vivendo ancora sulle montagne in rifugi che sanno più di grotta che di casa, percorrendo giornalmente chilometraggi incredibili insiti nel loro DNA. Il termine Tarahumara deriva da raramuri (coloro che corrono veloci), è una storpiatura data dagli spagnoli al termine, sul fatto del correre veloce testimonianze sono le tante gare di corsa che fanno da queste parti su percorsi che ai più parrebbero da farsi imbragati mentre loro li fanno correndo scalzi. Rientrando impariamo che nessuno si unirebbe a noi nell’escursione a Urique, la guida non ci porta in due (scoraggiandoci prima col prezzo poi con il problema strade, sicurezza, ecc…) e quindi per l’indomani andremo allo scoperta dei dintorni di Creel senza scendere al punto più basso delle Barrancas. Probabilmente nessuna guida avrebbe voluto abbandonare casa nell’ultimo giorno dell’anno, e info sui bus locali sono molto incerte proprio a causa di questa giornata.
Uno dei canyon nei dintorni di Creel
16° giorno
Colazione, poi, visto il tempo coperto, decidiamo di fare un giro nei paraggi senza spingerci immediatamente alla scoperta dei cañones (cañon, barranca, o anche quebrada sono lo stesso termine per indicare quello che comunemente viene definito canyon) tanto non si vedrebbe nulla. Il proprietario del nostro hotel (per modo di dire…) fa anche da agenzia di viaggio così ci organizza l’escursione nei paraggi iniziando dalla cascata di Cusararè che si raggiunge dopo un breve tratto di sentiero (500 m). È possibile scendere per raggiungere il punto esatto dove un piccolo getto tocca terra, in questa stagione l’acqua è poca, anche se mista a quella che cade dal cielo. Ritorniamo alla jeep mentre le bancarelle dei Tarahumara si stanno preparando alle vendite, il freddo si fa sentire anche per loro perché predispongono fuochi per scaldarsi. Facciamo tappa al piccolo villaggio di Cusararè dove si trova il museo Loyola e la locale missione per raggiungere quella ben più celebre di San Ignacio fermandoci prima al lago Arareko dove uno sprazzo di bel tempo regala una bella visione della acque su cui si specchiano i boschi. Dalla zona di San Ignacio si visitano le valli delle rane, dei funghi e dei monaci, tutte formazioni rocciose lavorate dal vento e dalla pioggia, come quella dell’elefante che si trova lungo la strada principale. Ovviamente tutte chiamate in tale maniera per le forme rappresentate, la cosa incredibile non son tanto le forme nel loro essere ma che a seconda delle zone si sviluppino in modo differente tra queste ma simile al loro interno. I Tarahumara, meno politically correct, avevano ribattezzato quelle dei monaci come Bisabirachi, ovvero valle dei peni eretti. Ultima fermata alla grotta di San Sebastian, ora utilizzata come galleria di vendita della cianfrusaglia tarahumara, evitiamo la sosta alle presunte acque termali di Rekowata perché ci dicono che sono sì terapeutiche ma che non sono per nulla calde e vista la temperatura odierna sarebbe arduo immergersi. Rientriamo a Creel e dato che il tempo volge ancora al brutto ci riscaldiamo con una cioccolata bollente e a quel punto rinunciamo a ulteriori escursioni, provando a fare un piano per i giorni futuri con destinazione nord all’unico punto internet aperto in questi giorni, situato nella parte sud di Av. Lopez Mateos. L’idea è di partire l’indomani il prima possibile, ma essendo il primo dell’anno c’è qualche inconveniente coi bus locali che ci dovrebbero portare a Chihuahua. Quassù non si scorgono grandi preparativi per la notte dell’ultimo dell’anno, anzi, trovare un posto per cenare è difficile, ci porge accoglienza la Lupita che si riempie ma verso le 21:30 non fa più entrare nessuno, con espressioni esterefatte di più di un viandante che si vede fuori al freddo senza possibilità di cenare. Passate le 22 però la Lupita vuole chiudere il locale e invita tutti i presenti (ovviamente tutti stranieri, la parte del leone la fanno tedeschi) a uscire. E così la notte dell’ultimo dell'anno la finiamo a letto con largo anticipo dopo aver ripreso un poco di caldo dalla stufa a gas della nostra camera.
continua...
Messico del Nord e Bassa California - I
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